Parashat haShavua - Acharè Mot / Qedoshìm
da "Perle di Torà" di rav Immanuel Piazza
L’abbondanza spirituale
È scritto nella Parashà di Acharè Mot (cap.15, v. 1) : “E parlò il S. a Moshè dopo la morte dei due figli di Aharòn…”.
Questa Parashà viene letta anche nel giorno di Kippùr. Un commentatore dello Shulchàn Arùch, il Baèr Etèv, spiega (a nome della Mistica) che colui che si dispiace nel giorno di Kippùr e piange per la morte dei due figli di Aharòn gli vengono perdonati tutti i peccati e sicuramente i suoi figli non morranno per tutto il tempo della sua vita. Rav Chayim Shmuelèvitz pone una domanda: come è possibile piangere e dispiacersi per la morte dei due figli di Aharòn che è avvenuta migliaia di anni fa?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima riportare un episodio del Talmùd. È raccontato nel Trattato di Chulìn (71a) che Ben Azài disse riguardo a se: “Peccato Ben Azài, hai causato una perdita al mondo perché non hai studiato con Rabbi Ishmaèl”.
Spiega Rav Chayim Shmuelèvitz che colui che ha la possibilità di elevarsi (migliorando nello studio, nelle miztvòt e in generale nella spiritualità) e perde quella occasione, causa una perdita non solo a se stesso ma anche a tutto il mondo intero. Infatti, gli Tzadikìm (i giusti) portano la “Shèfa” di Torà nel mondo, ossia tutta la generazione contemporanea può raggiungere livelli più alti grazie “all’abbondanza spirituale” che scende nel mondo per merito dei giusti.
Per questo, se Ben Azài avesse ricevuto da Rabbì Ishmaèl nuovi insegnamenti, non solo sarebbe salito lui stesso di livello, ma anche tutta quella generazione avrebbe potuto avvantaggiarsene, poiché in quel caso sarebbe scesa nel mondo una maggiore "Shèfa", ossia una maggiore abbondanza spirituale.
Al contrario, quando un giusto lascia questo mondo l’abbondanza spirituale che portava con il suo operato cessa.
Adesso possiamo comprendere perché è possibile piangere e dispiacersi per la morte dei figli di Aharòn, anche se sono passati migliaia di anni.
Infatti, dopo la loro morte è cessata quell’abbondanza spirituale che essi facevano scendere nel mondo, per merito del loro alto livello. Ciò rappresenta una grande perdita per tutti noi che attraverso quella "Shefà" avremmo potuto raggiungere dei livelli spirituali di comprensione e di studio molto più elevati. Questo mancato guadagno è più che sufficiente per indurci a piangere e dispiacersi anche se sono passati migliaia di anni…
Servire il Signore senza interruzione
È scritto nella nostra Parashà:
"E rispetterete i Miei statuti e le Mie leggi e grazie a essi l'uomo che li metterà in atto vivrà nel mondo futuro" (Vaikrà 18:5).
Il Chafez Chayìm riguardo a questo verso della Torà, raccontava: Vicino alla città di Grodna, ogni anno c'era una fiera che durava per quattro settimane. Anche se gli abitanti del luogo in quei giorni lavoravano duramente, senza riposarsi, tuttavia aspettavano con gioia la fiera, dal momento che grazie a ciò che guadagnavano allora, si mantenevano per tutto l'anno.
Una volta anche il Chafez Chayim si trovava in quella città proprio nei giorni della fiera. Ecco, che improvvisamente sentì un lavoratore ebreo che diceva: "Uff!! Quando finisce questa fiera... mi fa affaticare troppo!..."
Quando il padrone del negozio sentì il suo lavoratore, lo rimproverò dicendogli: "Pazzo! magari la fiera durasse più giorni, è vero che ci affatica, ma dopo possiamo riposarci godendo di ciò che abbiamo guadagnato".
Queste parole colpirono il Chafez Chayim, che usava ripeterle aggiungendo: "Sentite? Vale la pena per ogni ebreo, non mangiare e non bere, affaticandosi come si deve, purché potrà poi godere del guadagno. Anche la nostra vita assomiglia a una fiera, ognuno di noi ha l'obbligo di servire l'Eterno senza interruzione e senza riposo, impegnandosi nel compiere le mitzwòt, e dopo aver lasciato questo mondo, nel mondo futuro, potremo godere della nostra ricompensa.." 46.
46 Tratto dal libro "Ve-karata le-Shabbàt Onegh" del Rav Israel Iosef Borenshtain
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