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Lo studio della Torà

Da "Perle di Torà" di rav Immanuel Piazza



Lo studio della Torà

E' scritto nella nostra Parashà (Bemidbar cap.19,v.14): "Questa è la norma riguardante un uomo che sia morto dentro una tenda ".

I Maestri spiegano che dentro una tenda in questo verso della Torà allude allo studi della Torà, perché la tenda rappresenta il luogo di studio: "Lo studio della Torà ha forma soltanto presso colui che muore per esso". Il Chafez Chaiim ci spiega più chiaramente questo insegnamento dei Maestri attraverso un'allegoria: Isacco aveva un negozio molto grande, pieno di merce di valore. Dalla mattina alla sera il negozio era pieno di clienti. Ogni giorno si alzava prestissimo, pregava Shachrit velocemente con il minian delle persone che come lui si affrettavano a completare la Tefillà per andare quanto più presto a lavoro. Isacco amava pregare e studiare Torà ed era molto triste del fatto che trascurasse in questo modo la sua Tefillà e che quasi non studiasse per niente. Tuttavia era impegnato nel negozio e quindi era obbligato a continuare questo tipo di vita, affinché potesse servire come si deve i suoi clienti e non perderli. Passati anni, Isacco cominciò a pensare più profondamente ai suoi obblighi in questo mondo, e cominciò a preoccuparsi del fatto che dopo la sua morte sarebbe stato giudicato di fronte al Tribunale dell'Eterno riguardo a tutte le azioni compiute durante la sua vita. Per questo pensò che era ormai arrivato il tempo di cominciare a recitare la Tefillà come si deve e di studiare almeno due ore di Torà al giorno. Una mattina Isacco si svegliò e andò al minian di coloro che pregano lentamente e con concentrazione. Dopo la Tefillà rimase a studiare Torà per due ore. Nel frattempo sua moglie era già a negozio e non capiva per quale motivo suo marito non fosse ancora arrivato. Il negozio si riempì di clienti ma lei da sola non riusciva a gestire la situazione. Cominciò a preoccuparsi. Quindi chiese a un conoscente di controllarle il negozio, mentre lei sarebbe andata alla Sinagoga a controllare cosa fosse successo a suo marito. Quando arrivò alla Sinagoga fu stupita nel vederlo studiare con tranquillità. "Che ti è successo?" gli chiese la moglie, "come puoi studiare qui con calma mentre il negozio è strapieno di clienti? Se i clienti vedranno che non li serviamo come si deve non verranno più a comprare da noi e non avremmo più sostentamento!" Isacco non temé; disse a sua moglie che nelle ore in cui studiava doveva considerarlo come morto. Come si sarebbe comportata se fosse già morto, non si sarebbe impegnata a gestire il negozio da sola? Così anche nelle ore del suo studio, per il mondo che lo circonda è considerato come morto, risuscita subito dopo e va al negozio. Spiega il Chafez Chayim: l'istinto malvagio s'impegna constantemente a distrarci, rendendoci sempre occupati, non lasciandoci così il tempo per studiare Torà. Tuttavia se l'uomo fa di stesso come un morto, isolandosi da tutto ciò che lo circonda e non spreca il suo tempo prezioso, potrà dedicarne una parte allo studio della Torà. Questo è esattamente quello ci stanno insegnando i Maestri in queste righe: "Lo studio della Torà ha forma soltanto presso colui che muore per esso".


"...non c'è chi operi incantesimo in Giacobbe.."

E' scritto nella nostra parashà (Bamidbar cap.23,v.23): "Non vi è magia contro Giacobbe e non vi è divinazione contro Israele. Da tempo vien detto a Giacobbe e a Israele quello che il Signore fa".

Il Maghìd di Duvna spiega questo verso attraverso un'allegoria: c'era una volta un generale che venne a sapere che in una terra lontana uno scienziato aveva inventato una crema speciale che aveva la qualità di proteggere il corpo da ogni tipo di colpo, sia di freccia che di spada. Il generale decise di voler ottenere quella crema straordinaria, per questo partì e andò in quella terra lontana e comprò la crema a prezzo molto caro. Nella strada di ritorno incontrò dei banditi che gli spararono delle frecce; tuttavia il generale già aveva spalmato su di sé la crema speciale, quindi non fu per niente ferito dai colpi. Quando i banditi videro che avevano di fronte a loro un uomo che non poteva essere ferito ebbero paura e si diedero alla fuga. Il generale disse loro: "Aspettate! Non abbiate paura, vi voglio invitare a bere del vino e a mangiare dei cibi squisiti." Gli chiesero i banditi: " Noi volevamo ucciderti, perché sei così generoso nei nostro confronti?" Gli rispose il generale: "Perché voi mi avete fatto un grande favore: ho comprato una crema che ha la qualità di proteggere colui che la spalma sul suo corpo, e mi è costata molti soldi; in tutto il percorso della strada di ritorno ho avuto il timore che mi avessero ingannato, forse la crema non funziona? Tuttavia non avevo il coraggio di affrontare qualcuno per provarla, forse mi avevano ingannato veramente e sarei stato ferito. Però grazie a voi che mi avete sparato le frecce ora ho la certezza che la crema funzioni e potrò affrontare ogni nemico!". Così anche è riguardo al popolo d'Israele: in tutte le generazioni il popolo d'Israele ha saputo che " non vi è magia contro Giacobbe e non vi è divinazione contro Israele.", ossia l'incantesimo non ha potere sul popolo d'Israele. Infatti anche Lavan ha provato a utilizzare i suoi incantesimi contro Giacobbe ma non ha avuto successo. Tuttavia il popolo d'Israele non ha mai avuto il coraggio di provare se veramente l'incantesimo non abbia effetto contro loro stessi. Però quando Balak ha mandato Bilam a maledire e compiere incantesimi contro Israele il Signore gli ha detto: "Hai fatto un grande favore al popolo d'Israele, poiché non riuscendo nelle tue azioni, Israele ha finalmento avuto la certezza che nessun incantesimo può avere effetto contro di loro".

Tratto dal libro "Ve-karata le-Shabbat Onegh" del Rav Israel Yosef Borenshtain

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