La scintilla che è in noi
Prima che Giacobbe riceve da Isacco la berachà, a sua insaputa credendo che fosse Esaù, lo odora, come è scritto: "e odorò i suoi abiti e lo benedisse" (Genesi cap.27, v. 27). Il Rav Yakov Israel ha-Cohèn Baifus spiega nel sua libro Lekàch Tov che il Midrash Rabbà attraverso lo studio del nostro verso riporta due racconti di due personaggi differenti: "Yosef Meshita" e "Ykum ish zroròt". Quando Gerusalemme era assediata, i Romani comandarono a Yosef Meshita di entrare e rubare nel Santuario di Gerusalemme, e lui stesso avrebbe tenuto per se il bottino. Yosef Meshita prese la Menorà d'oro ma i romani non gli diedero il permesso di tenerla per se, così gli dissero di rientrare e rubare ancora una volta. A quel punto si rifiutò e disse:"non basta che ho già fatto arrabbiare il mio S. una volta, lo devo far irritare di nuovo!?". Così inizialmente fu costretto a pagare una multa e poi lo segarono uccidendolo mentre urlava "ohi!!! ad aver fatto arrabbiare il mio Creatore". Il secondo racconto è quello del Ykum ish zroròt figlio della sorella del Tannà ha-kadòsh (Maestro ai tempi della Mishnà) Iosi ben Ioèzer ish zrida. Ykum ish zroròt inizialmente non rispettava le Mizvòt, infatti usava andare a cavallo anche di Shabbat. Un giorno decisero di impiccare suo zio Iosi ben Ioezer ish zrida, così chiesero a proprio a lui di portare a cavallo i legni per la forca. Durante il percorso Ykum disse a suo zio:" guarda su che cavallo ti ha fatto cavalcare il S., e guarda su che cavallo ha fatto cavalcare me". Allora gli rispose: " se a coloro che Lo fanno arrabiare fa meritare questo, a maggior ragione a chi ne fa la Sua volontà". Allora Ykum disse ancora: "c'è forse qualcuno che ha fatto la Sua volontà più di te?". Allora il gli rispose:" se il S. agisce così con coloro che fanno la sua volontà a maggior ragione con coloro che non fanno la sua volontà". Questa frase colpì così tanto Perle di Torà 21 Ykum al punto che fece Teshuvà (pentimento) e decise di uccidersi secondo le quattro pene della Torà: "skilà", "srefà", "eregh", "chenek". Il Rav ha-Gaòn ben Zion Bembergher, insegna che da questi due racconti del Midràsh Rabbà dobbiamo trarre una grande insegnamento: in ogni ebreo è presento una scintilla nascosta. Ossia ognuno di noi possiede una forza spirituale a noi sconosciuta che dobbiamo portare alla luce. La strada principale per ottenere questo è riflettere riguardo alle nostre azioni e capire che il nostro scopo sulla è terra è quello di mettere in atto la Torà e ricevere poi l'Olàm Abà (mondo futuro). E' scritto infatti anche nel libro Mesilàt Iesharìm che se ogni ebreo rifletesse riguardo alle sue azioni, capendo i suoi errori , non peccherrebbe più. Purtroppo uno dei trucchi dello Iezer Arà (istinto malvagio) è proprio quello di far si che l'uomo non trovi il tempo di fare ciò. E' raccontato riguardo ad un ebreo non credente che un giorno si ammalò ed i dottori gli dissero che doveva operarsi. L'operazione era molto pericolosa e lo avevano avvertito che poteva anche perdere la vita. Nel momento dell'operazione, quando si trovava sulla barella cominciò a gridare: "nelle tue mani affidò la mia anima , salvala oh S., D. di verità". Possiamo notare ancora che ogni ebreo, anche il più lontano dalla Torà, al suo interno ha una scintilla, basta una piccola azione, o un avvenimento particolare a farla riaccendere. Il Rav ha-Gaòn Rovmàn spiega che anche nella nostra parashà Isacco ha paura quando sta per benedire Giacobbe poichè crede che sia Esaù, e non vuole benedire un malvagio. Si calma però quandò odora gli abiti di Giacobbe percependo l'odore del Gan Eden, così credendo che Esaù abbia fatto Teshuvà, ed abbia così riscoperto la sua scintilla interna. Che Hashèm faccia meritare a tutto il popolo di Israele di riscoprire la lo propria forza spirituale rinchiusa in ognuno di noi!
Rav Immanuel Piazza
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