La Parashà... in brevissima - Waetchanàn

Moshè implora HaShem di farlo entrare nella terra d’Israele, ma la richiesta viene respinta (ricordiamoci che HaShem risponde sempre alle nostre preghiere, a volte con un “si”, altre con un “no”, altre ancora con un “non ora”). Moshè comanda al popolo di non aggiungere e non sottrarre dalle parole della Torà e di rispettare tutti i comandamenti. Gli ricorda che HaShem non ha né forma né figura e che non devono farsi nessun tipo di idolo e/o adorarlo.
Le città di Bezer, Ramot e Golan sono designate come città rifugio alla riva est del Giordano. Un omicida involontario può rifugiarsi lì per evitare che i parenti della vittima si vendichino su di lui.
Sono ripetuti i dieci comandamenti. Moshè recita lo Shemà proclamando l’unicità del Signore, che tutti devono amare e trasmettere i Suoi comandamenti alla generazione futura. Gli uomini devono indossare i Tefillin del braccio e della testa. Tutti gli ebrei devono mettere la mezuzà sullo stipite di ogni porta della casa (eccetto il bagno).
Moshè poi ripete il comandamento di non fare matrimoni misti poiché questo allontanerà i figli da HaShem.
____________________________________________________________
Pillola di Musar
“...poiché (la Torà) è la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli che ascolteranno tutti questi statuti e diranno che questo popolo è un popolo saggio e intelligente” (Devarim 4: 6).
Rav Yaaqòv Neiman, nel suo commento Darkè Musar, spiega che se il popolo d’Israele riesce realmente a comprendere che la sua specificità proviene delle mitzvot, anche da quelle che deve osservare pur senza capirle fino in fondo, sarà realizzabile quello che in questo verso la Torà annuncia...
Comments