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Nitzawim - Il sonno profondo dell’abitudine


In questa parashà vi è un versetto che parla di “questa mitzvà” senza però specificare di quale mitzvà si tratti. Nel versetto è scritto: “Questa mitzvà che io ti comando oggi non è troppo difficile o lontana da te” (Devarìm, 30:10).


R. ‘Ovadià Sforno [1470?-1550] nel suo commento alla Torà spiega che le parole “questa mitzvà” si riferiscono alla mitzvà della Teshuvà (ritorno sulla retta strada). R. Raphael Pelcovitz nelle sue note al commento di R. Sforno a questo e ai versetti seguenti scrive: “La capacità di un essere umano di pentirsi è un privilegio concessogli dall’Eterno. La teshuvà è un atto che può essere eseguito da chiunque e non dipende dal luogo o dal tempo, né richiede grande saggezza o conoscenze. Quando un essere umano cade nel peccato, può trovare l’espiazione con il sincero rimorso per aver commesso una trasgressione, con la confessione all’Eterno e con il proposito di non ripetere la trasgressione. Non è necessario che un profeta o un saggio gli insegni come fare perché ognuno ha la capacità di fare teshuvà da solo.


R. Yosef Albo [Spagna, 1380-1444] nel Sèfer ha-‘Ikkarim (4:25) spiega che con le parole “questa mitzvà” la Torà parla della teshuvà e lo dimostra dal contesto. Egli scrive che se si esamina attentamente la parashà di Nitzavìm, si può capire che i versetti seguenti parlano della teshuvà: “E tornerai fino all’Eterno tuo Dio con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima” (Devarìm, 30:10). E anche “Vedi che ho posto di fronte a te la vita e il bene [da una parte] e la morte e il male [dall’altra]. Oggi ti ho comandato di amare l’Eterno tuo Dio, di camminare per le Sue strade e di osservare le Sue mitzvòt, i Suoi decreti e le Sue leggi. Così facendo sopravviverai e fiorirai e l’Eterno tuo Dio ti benedirà nella terra di cui stai andando a prendere possesso (Devarìm, 30, 15-17). Inoltre la Torà parla della grande importanza della teshuvà e della facilità con la quale può essere fatta dicendo: ”Perché questa mitzvà che Io ti comando oggi non è troppo difficile per te, né è troppo lontana, non è in cielo [...] e non oltremare [...] ma questa cosa è molto vicina a te” (ibid., 11-14). Tutti questi versetti si riferiscono alla teshuvà come è anche dimostrato dalle parole “Nella tua bocca e nel tuo cuore per farlo” (ibid., 14), perché l’essenza della teshuvà consiste nella confessione che viene fatta con le parole e con il rimorso che viene sentito nel cuore.


R. Albo aggiunge che la teshuvà è cosi preziosa che per ottenerla bisogna fare ogni sforzo e, come è scritto nella Torà, perfino salire in cielo se possibile o anche andare al di la del mare, perché logicamente il peccatore non dovrebbe essere perdonato per nessun motivo. Per illustrare questo concetto R. Albo cita il profeta Mikhà (Michea) che dice: “Con che cosa mi presenterò davanti all’Eterno, mi prostrerò all’eccelso Dio? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno? Gradirà l’Eterno le migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?” (Mikhà, 6:6-7). Con queste parole il profeta ci insegna che il prezzo da pagare come punizione per i peccati è cosi elevato che non si sa quanto sia. E mette in evidenza che nessun riscatto dovrebbe essere sufficiente a rimuovere i peccati e, a maggior ragione, che la teshuvà del peccatore non dovrebbe essere accettata con la confessione e la preghiera come invece dice il profeta: “Prendete con voi delle parole e tornate all’Eterno” (Hoshea’, 14:3) se non fosse per la benevolenza divina. Avendo mostrato quanto sia facile fare teshuvà, come è scritto: “Perché questa cosa è molto vicina a te”, la Torà aggiunge “Vedi che ho posto di fronte a te la vita e il bene e la morte e il male” e questo significa che non abbiamo nessuna scusa per non osservare la mitzvà di fare teshuvà.


R. Chaim Shmuelevitz [Polonia, 1902-1979, Gerusalemme] in una sua derashà sulla parashà di Nitzavìm (Sichòt Mussàr, 5731-1971:32) chiede per quale motivo ci sono così poche persone che tornano sulla strada della Torà se la teshuvà è cosi facile? Egli risponde dicendo che una delle più grandi disgrazie umane è quella di affossarsi nell’abitudine. Per questo anche coloro che sanno di essere sulla strada sbagliata vi rimangono, e per fare teshuvà hanno bisogno di uno choc che distrugga l’abitudine. Qualche volta basta qualche parola ben pensata per generare questo choc e per questo motivo non dobbiamo perdere speranza ed essere sempre pronti ad essere d’aiuto ad ogni israelita. Nel Talmud babilonese (Kiddushìn, 49b) è detto che se un uomo compie un atto legale per sposare una donna dicendole che lo fa a condizione di essere totalmente giusto, essa è sua moglie anche se fino a quel momento egli era noto come uomo totalmente malvagio. Questo insegnamento dei Maestri è codificato dal Maimonide come normativo (Hilkhòt Ishùt, 5:5) perché anche se abbiamo dubbi sul carattere della persona, dobbiamo presumere che abbia pensato a fare teshuvà perché vediamo che qualcosa in lui è cambiato. Questa è la forza di un improvviso risveglio dal sonno profondo dell’abitudine! (Illustrazione dai Pirkè Avòt di Saul Raskin del 1940).

Dediche
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In memoria di Antonella bat Giuseppina z.l.
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