LA RIVELAZIONE DIVINA NASCOSTA NELLA CREAZIONE
Da una derashà di R. Ghedalià Schorr1
La parashà di Vaerà inizia con le parole: “D. parlò a Moshè e gli disse: Io
sono l’Eterno. Sono apparso ad Avrahàm, ad Yitzchàq e a Ya’aqòv come
D. S-h-a-d-d-à-y (onnipotente), ma non mi sono manifestato a loro con
il mio nome di Eterno” (Shemòt-Esodo, 6:2-3). I commentatori
domandano qual è il significato del versetto.
R. Avraham ibn ‘Ezrà (Spagna, 1089-1167) scrive che la Torà
vuole insegnare che l’Eterno si comportò in modo naturale (be-dèrekh
ha-tèva’) con i Patriarchi. Questo è mostrato dal nome S-h-a-d-d-à-y che
significa che il Creatore cambia l’ordine delle cose nella natura, senza
però utilizzare fenomeni soprannaturali. Il Tetragramma rappresenta
invece l’Eterno che dà continua esistenza alla creazione e che cambia le
leggi della natura a volontà. Pertanto, mentre i miracoli fatti per i
patriarchi furono naturali, in Egitto i miracoli furono di carattere
soprannaturale2.
Nel trattato Chaghigà (12a) del Talmud babilonese, Rav Yehudà
citando Rav disse: quando il Santo Benedetto creò l’universo, esso si
espandeva [in due direzioni] come delle matasse di fili dell’ordito finché
il Santo Benedetto diede ordine e lo fece fermare ... e questo è il
significato di quello che disse R. Shim’on ben Laqìsh: il significato del
versetto “Io sono D. S-h-a-d-d-à-y” è “Io sono Colui che ha detto
all’universo Dai” (in ebraico “basta”), ovvero che il Creatore ha fermato
l’espansione dell’universo.
I Maestri hanno fornito una spiegazione aggiuntiva dicendo che la parola
S-h-a-d-d-à-y significa “che la Mia divinità basta per tutte le
creature”. Qual è il significato di questa affermazione? Rav Gedalià
Schorr, che fu uno dei luminari di Torà della nostra generazione, spiegò
(In Or Gedalyàhu alla parashà di Vaerà) che quando il Santo Benedetto
creò l’universo lo fece in modo che il fatto che Egli l’aveva creato
rimanesse in gran parte nascosto. I Maestri nel trattato Pesachìm (50a)
del Talmud babilonese fanno notare che nel versetto “Questo è il Mio
nome in eterno (le’Olam)” ( Shemòt-Esodo, 3:15) la parola ‘olàm è scritta
solo con le lettere ‘Ain Lamed Mem, dalla radice “nascondere”. Il fatto
che D. abbia creato il mondo non è immediatamente evidente nella
creazione stessa, tuttavia anche la materialità che nasconde la divinità è
limitata in modo che non impedisca, a chi lo vuole, di riconoscere dalla
creazione stessa che il Santo Benedetto ha creato l’universo3.
Rav Schorr cita a questo proposito il profeta che dice: “Levate in
alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato queste cose?” (Yesha’yà-Isaia,
40:26). Il mondo è stato creato in modo da stimolare (le’orerr) una
persona a domandarsi “Chi l’ha creato?” e per far sì che chi si pone
questa domanda possa arrivare alla conoscenza dell’esistenza di D.
Osservando la creazione ogni essere umano è in grado di comprendere
che il Santo Benedetto ha creato il mondo. Questo è il significato
dell’affermazione dei Maestri che “la Mia divinità basta per tutte le
creature”.
Questo motivo, aggiunge rav Schorr, appare anche nella sezione
Sha’ar Ha-Bechinà dell’opera Chovòt Ha-Levavòt (I doveri dei cuori) di R.
Bahya ibn Paquda (Spagna, XI secolo E.V.), dove l’autore scrive che
questo è anche il significato della visione del nostra patriarca Ya’aqòv
(Giacobbe) quando vide “una scala posata a terra e la cui cima arrivava
al cielo” (Bereshìt - Genesi, 28:12). La creazione “è posata a terra” ed è
quindi rivestita di elementi materiali, ma “la sua cima arriva al cielo” e
quindi dalla creazione stessa si può arrivare alla conoscenza dell’esistenza
divina.
Il significato del versetto all’inizio della parashà è che la missione
dei patriarchi era quella di riconoscere la divinità nascosta nella materialità.
Questa fu l’opera del nostro patriarca Avraham a proposito
del quale è detto che “riconobbe il Creatore all’età di tre anni”, cioè che
fin da quella tenera età cominciò a domandarsi chi fosse il Padrone di
tutto quello che esisteva. Così appunto spiega il Maimonide nel Mishnè
Torà (Hilkhòt Avodàt Kokhavìm, cap. 2) dove scrisse:
... Anche se era un bambino, cominciò a pensare [incessantemente]
giorno e notte, chiedendosi: come è possibile che la sfera celeste
funzioni di continuo senza qualcuno che la controlli? Chi la fa girare? ...
egli si rese conto che c'era un D. che controllava la sfera celeste, che ha
creato tutto...”4.
NOTE:
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1 Rav Ghedalià Schorr (Galizia, 1910-1979, Brooklyn) fu Rosh Yeshivà della
Yeshivà Torah Vodaas a Brooklyn. Questo articolo è un riassunto in italiano di una sua
derashà raccolta e pubblicata dai suoi figli nell’opera Or Gedalyàhu.
2 Questo concetto viene spiegato dal Nachmanide nel suo commento alla Torà:
“Salvò i patriarchi dalla morte durante le carestie e nelle battaglie e diede loro ricchezza
e onori e ogni bene. Questi miracoli nascosti sono, come tutte le promesse della Torà,
relative alle benedizioni che risultano dall’obbedienza [all’Eterno] e dalle maledizioni che
risultano dalla ribellione. Infatti il bene non arriva [naturalmente] a una persona come
ricompensa delle sue buone azioni, né il male a un peccatore come punizione per i suoi
peccati, altro che per un intervento miracoloso. Lasciate alla natura delle cose, le azioni
di una persona non gli toglierebbero né gli aggiungerebbero nulla. Le ricompense e le
punizioni scritte nella Torà sono tutti miracoli nascosti e pertanto vengono considerati
fenomeni naturali”.
3 Questo è un concetto fondamentale della fede ebraica (n.d.r.).
4 Si può aggiungere che R. Moshè Chayim Luzzatto (Padova, 1707-1746, Acco)
nel suo commento alla tefillà ‘Alenu Leshabbeach, dove chiediamo anche di rendere
perfetto il mondo con la sovranità dell’Onnipotente usando il nome S-ha-d-d-a-y, spiega
che “tutti riconosceranno in modo chiaro la verità che ora è nascosta”. Mentre ora non
tutti riescono a riconoscere il divino nella natura, nel futuro sarà chiaro a tutti che D. è
il Creatore del mondo (n.d.r.).