Volontà di conquista
Dopo tutto, quale uomo rispettabile, qualunque siano le difficoltà che affronta per guadagnarsi la vita, accetterebbe un incarico di spia, pagata per tradire il suo paese al nemico? Chi si difende affermando che, a causa della situazione economica, è obbligato a farlo per guadagnarsi la vita, merita solo disprezzo.
Se soltanto il nostro popolo comprendesse che ciò vale anche per lo Shabbàt, che è il segreto dell’esistenza della nostra nazione, non acconsentirebbe mai a sacrificare lo Shabbàt per il pane e il burro o, come accade spesso, per una vita più confortevole. Un ebreo dovrebbe dire: «Lo Shabbàt è il valore supremo della vita, non bisogna intaccarlo: devo conquistarlo o morire». E lo conquisterebbe.
Se l’ebreo è convinto che, profanando lo Shabbàt, egli distrugge quanto vi è più prezioso in lui e rompe i legami che lo uniscono a D-o e alla nazione ebraica, per quanto grandi possano essere le sue difficoltà, D-o infine lo aiuta se rimane fedele alla sua convinzione. L’antica promessa della Torà è sempre valida: «Vedi che il Signore ti ha dato lo Shabbàt, perciò il sesto giorno ti dà il pane per gli altri due giorni». In tanti casi abbiamo visto la realizzazione di questa promessa agli ebrei che osservano lo Shabbàt: perciò non possiamo che compiangere coloro che ritengono ingenuo questo argomento. Nessun ebreo è mai morto di fame per lo Shabbàt, ma molti ebrei e persino intere comunità ebraiche sono scomparse dalla scena della storia del loro popolo per aver profanato lo Shabbàt. In definitiva, lo Shabbàt è il grande banco di prova del bittachon, della certezza; è la pietra miliare della nostra fede in una forza più alta che muove e guida le nostre vite.
Colui che sa che la sua vita non dipende dagli uomini né dalla «natura» né da «forze economiche», ma da D-o, sa anche che nessun vantaggio effettivo può derivare da un lavoro fatto di Shabbàt, sfidando D-o. Quante volte si vedono cancellati i cosiddetti guadagni derivanti da un lavoro che distrugge l’anima da inaspettate perdite in altri campi! E, d’altro canto, la persona che persevera e rifiuta da profanare lo Shabbàt per un apparente guadagno finanziario vedrà spesso che la perdita era solo illusoria. (tratto dal libro “Lo Shabbàt” di I. Grunfeld).
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