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Vi ho fatto giurare fanciulle di Gerusalemme...

Da Perle di Torà di rav Immanuel Piazza



Vi ho fatto giurare fanciulle di Gerusalemme...

(Shir Hashirim)


É scritto nello Shir haShirìm (Cantico dei Cantici 5:8): “Vi ho fatto giurare fanciulle di Gerusalemme, se troverete il mio caro cosa gli direte? Che sono malata d'amore per lui”.

Come risaputo, lo Shir haShirìm è scritto in forma allegorica, come se si trattasse di un feeling amoroso tra un uomo e una donna; in realtà l'autore, il re Shlomò, si riferisce al rapporto del popolo d'Israele con Hashèm (come chiarito nell'introduzione di Rashì al testo). Come abbiamo già studiato nella Mishnà (Yadàim 3:5): “Ha detto rabbi Aqivà: tutti i testi sono sacri, ma lo Shir haShirim è il sacro dei sacri".

Detto ciò, potremmo spiegare che anche questo verso si riferisce al popolo d'Israele che parla e si rivolge alle "Fanciulle di Gerusalemme", ossia i nemici d'Israele (vedi commento di Rashì), che hanno assediato Gerusalemme, dicendo loro: "Se troverete il mio caro", ossia se troverete Hashèm, ditegli che sono immensamente innamorata di Lui.

Tuttavia dobbiamo ancora domandarci: perché il popolo d'Israele si rivolge ai suoi nemici dicendo "se troverete il mio caro", come se non sapesse dove si trovi Hashèm?


La risposta è che il verso si riferisce a un periodo in cui il popolo d'Israele è in esilio tra i popoli, e Gerusalemme è insediata dai nostri nemici. Nella Torà è scritto che quando il popolo d'Israele è in esilio, Hashem pur non abbandonandoci, non si mostra a noi pubblicamente come avvenuto durante la liberazione dall'Egitto, bensì "nasconde la Sua presenza", come scritto nella Torà (Vayèlech 31:18): "...in quel giorno terrò completamente celato il Mio volto...".

A questo punto possiamo spiegare che il significato del verso è che il popolo d'Israele si rivolge ai suoi nemici dicendo: "Se troverete il mio caro", ossia se anche nella diaspora, dove il Signore nasconde la Sua presenza nell'oscurità dell'esilio, riuscirete ugualmente a trovare il mio caro, "Hashèm", allora ditegli che sono sempre innamorata di Lui.

Il popolo d'Israele pur trovandosi in una situazione di sofferenza già da migliaia di anni dimostra il suo affetto nei confronti di Hashèm dichiarando ai suoi nemici stessi: "Sono malata d'amore per Lui (Hashem)!".

Il popolo d'israele pur trovandosi in esilio tra i popoli, ad ogni modo è consapevole del fatto che Hashèm è lì con lui, come è scritto (Ezechiele 1:1): "WaAnì betoch hagolà", letteralmente: "Ed Io sono nella diaspora". Uno dei 72 nomi di Hashem è "A-ni" (Rav Ovadia Bertinoro, Sukkà cap.4, m.5). Quindi è come se fosse scritto "Ed A-ni" ossia Hashem, "sono nella diaspora", sono in esilio.

Infatti anche nelle Oshannòt di Sukkot diciamo: "Ani waHù, oshìa na!", letteralmente: "Sia a me che ad H-u, o Hashem salvaci per favore". Chi è "H-u" riguardo al quale chiediamo che venga salvato insieme a noi? "H-u" è uno dei 72 nomi di Hashèm (Rav Ovadia Bertinoro, Sukkà cap.4, m.5). Ossia, dal momento che Hashèm si trova in esilio con noi, gli chiediamo di salvare sia noi che Lui stesso.

Concludo questa piccola derashà con la Tefillà: "O Hashèm! Fai risiedere la Tua presenza Divina nella tua città, Gerusalemme, come hai promesso ai Tuoi Profeti. E porgi in essa al più presto il trono di David tuo servo. E ricostruisci eternamente la città di Gerusalemme, al più presto, nei nostri giorni".

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