Shavuot: Insegnare la Torà ai bambini
IN VISTA DELLA PROSSIMA FESTA DI SHAVUOT E INERENTE ALL’INSEGNAMENTO DELLA TORA’ AI BAMBINI
(dal libro “Divrè Ya’akov” di Rabbì Yeudà ‘Ades)
Ogni alunno può arrivare a grandi risultati, anche se in apparenza non sembra sia così, per via del cattivo comportamento o mancanza di capacità. Sapendo che invece c’è la possibilità che raggiunga ottimi risultati, bisogna impegnare molte forze per permetterglielo.
PRIMA PARTE
1. Il Talmùd nel trattato Bava Mètzia 85a racconta che Rabbi El’azar, figlio di Rabbi Shim’on Bar Yokhày, quando morì, lasciò un figlio che aveva preso una cattiva strada e ciò era noto agli abitanti del luogo.
2. Capitò in quel paese dove una volta abitava, ancora prima che arrivasse Rabbi El’azar, Rabbi [ossia Rabbi Yehudà Hanassì, compositore della Mishnà, soprannominato Rabbènu Hakadòsh] e si informò se Rabbi El’azar avesse lasciato un figlio. Gli dissero di sì, ma aggiunsero che aveva preso una cattiva strada.
3. Rabbi chiamò quel figlio, lo avvicinò, gli fece molto onore e gli diede una buona posizione, pur essendo lui ancora nella cattiva strada. Lo rese importante e gli assegnò come insegnante Rabbi Shim’on ben Yissi ben Lakùnia. Ma ciò non aiutava, perchè l’allievo voleva sempre tornare sulla sua cattiva strada.
4. Allora gli disse [non è chiaro se fu Rabbi o Rabbi Shim’on ben Yissi ben Lakùnia a dirglielo] di notare quale onore gli avevano fatto e quale posizione importante gli avevano dato e che quindi non poteva tornare nella cattiva strada. Allora si pentì e si impegnò a non tornare indietro.
5. Il Talmùd racconta che quel figlio divenne un grande giusto e uno degli importanti tannaìm. Si chiamava Rabbi Yossè ben Rabbi El’azar ben Rabbi Shim’on. Divenne così grande che alla sua morte lo vollero seppellire nella stessa grotta dove giacevano suo padre Rabbi El’azar bar Rabbi Shim’on e suo nonno Rabbi Shim’on bar Yochày. Venne un serpente che circondò la grotta per impedire l’entrata: gli dissero di non disturbare affinchè potessero seppellire il figlio vicino al padre. Il serpente non se ne andò e la gente pensava che fosse perchè Rabbi Yossè non era arrivato al livello del padre Rabbi El’azar. Allora si udì una voce dal cielo la quale disse che il motivo per il quale non gli permettevano in cielo d’entrare nella grotta non era perchè Rabbi El’azar fosse più grande di Rabbi Yossè; il motivo era che solo Rabbi El’azar si meritava di essere in quella grotta, perchè lì si era trovato anche in vita, con grandi sofferenze. Il Talmùd nel trattato Shabbàt 33b racconta infatti che studiò per molti anni in quella grotta in terribili condizioni. Invece Rabbi Yossè non aveva provato questa sofferenza.
SECONDA PARTE
1. Alla base di questo racconto talmudico c’è un grande concetto, tra i più importanti nell’opera educativa: la buona riuscita dell’allievo nello studio della Torà e nel buon comportamento dipende in gran parte dall’incoraggiamento che gli diamo affinché creda di poter veramente arrivare ad altissimi risultati nella Torà e nella perfezione morale.
2. Questo funziona perché ogni ebreo, nel profondo del cuore, vuole essere in effetti grande nella Torà e quanto più un gran tzaddìk, perché comprende il valore di queste cose. Tuttavia, ognuno viene messo alla prova con cose che lo bloccano nel raggiungimento di queste mete. Per superare questi ostacoli c’è bisogno spesso di molti difficili sforzi.
3. Una chiara consapevolezza che con un grande e vero sforzo si possono raggiungere grandi livelli è tra le cose che più possono dare la forza di superare prove. Allora l’uomo sarà disposto a compiere questi sforzi per raggiungere lo scopo.
4. Se viceversa l’uomo pensa che, anche sforzandosi, le sue probabilità di arrivare a grandi risultati sono scarse, allora indebolisce notevolmente la propria volontà di sforzarsi e superare le prove.
5. Spesso il solo dubbio se si possa arrivare a gran risultati indebolisce la forza necessaria per superare le prove necessarie. In tal caso quindi solo la sicurezza di poter ottenere un successo, dopo adeguato sforzo, ci può dare la forza d’animo di fare ulteriori sforzi per arrivare allo scopo.
6. Nell’episodio talmudico riportato sopra Rabbi sapeva che l’unico modo che aveva Rabbi Yossè ben Rabbi El’azar per superare le sue prove era quello di riconoscere il grande valore di se stesso. Essendogli chiaro che con grandi sforzi sarebbe potuto diventare uno dei grandi khakhamìm avrebbe acquisito la capacità di sforzarsi ed arrivare veramente ai più alti livelli.
TERZA PARTE
1. Nello studio della Torà ogni allievo, dopo sforzi, potrà arrivare a grandi risultati, non come nelle materie secolari, dove i limiti sono chiari: lì chi non è dotato ha ristrette possibilità di בס"ד buon successo. Nella Torà non è così, perchè comunque il successo nello studio è una questione che va oltre le leggi di natura.
2. I motivi per i quali tutti possono avere successo nello studio della Torà sono diversi. Uno è quanto scritto nel Talmùd, trattato Sanhedrìn 99 e nel commento di Rashì sul versetto che dice: “L’anima di chi fatica, fatica per lui”. Il Talmùd spiega che la ripetizione del verbo faticare nel versetto, ci insegna che quando una persona fatica nello studio della Torà in questo mondo le luci spirituali della Torà, nei mondi superiori, implorano Hashèm di far riuscire questa persona nello studio della Torà, di fargli capire bene e conoscere la materia. Grazie a queste richieste e a queste suppliche l’uomo potrà arrivare a cose che sono molto al di sopra delle sue capacità naturali.
3. Un altro motivo è quanto spiegato nel libro Shà’ar Haghilgulìm e nel commento del Gaòn allo Zòhar, parashà di Pekudé: attraverso lo sforzo nello studio della Torà e nel servizio divino, si aggiungono all’anima nuove parti, molto più elevate dell’anima già da prima esistente.
4. Quanto ci si merita attraverso lo studio della Torà e il servizio divino dipende molto dal tipo di anima che si possiede, alla quale si aggiungono altre parti dopo lo studio e il servizio divino, grazie alle quali la capacità per queste cose cresce molto.
5. Il Khazòn Ish disse che ogni allievo che si sforza nella Torà può diventare uno dei più famosi rabbini, senza eccezioni.
6 È risaputo che molti dei famosi grandi d’Israele da giovani erano scarsamente dotati di capacità intelletuali, ma nonostante ciò, grazie ai molti sforzi compiuti nello studio della Torà, arrivarono ad alti livelli.
QUARTA PARTE
1. La conseguenza di quanto detto nelle precedenti parti deve essere che ogni insegnante è obbligato ad impiegare tutte le sue forze affinchè ogni allievo creda nelle proprie capacità di arrivare a grandi risultati nello studio della Torà e nel servizio divino. Grazie a questa fiducia nelle proprie forze la propria capacità in effetti aumenterà notevolmente.
2. È obbligo dell’insegnante dire queste cose chiaramente agli allievi e ripeterle molte volte: altrimenti da dove potranno apprenderlo?
3. Al contrario, molti allievi hanno diversi motivi per pensare di non aver speranza di riuscire nella Torà e nel servizio divino, chi per colpa di scarso intelletto, chi perchè ha difficoltà di perseveranza o altri impedimenti. Solo se spiegheremo loro ripetutamente che hanno la capacità di arrivare a grandi risultati c’è speranza che si convincano.
4. A volte l’insegnante, a parte il discorso rivolto in generale a tutti gli allievi, ha l’obbligo di informare privatamente quegli specifici alunni che hanno dei motivi di pensare il contrario.
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