Shabbàt ed elettricità
di Rav Scialom Bahbout
Halakhà ed elettricità
La scoperta dell’elettricità e il suo rapido sviluppo con le tecnologie ad essa collegate hanno creato la necessità di ricevere dai poseqìm (decisori di Halakhà) indicazioni precise nell’uso delle tecnologie in temi molto delicati come lo Shabbàt. Capire come i decisori di Halakhà hanno trattato l’uso delle nuove tecnologie nel rispetto delle norme sabbatiche nella vita sia dei singoli che del pubblico è quindi argomento vitale.
Nel rispondere ai problemi delle innovazioni tecnologiche i decisori di Halakhà devono considerare i molteplici princípi relativi alla definizione dei vari tipi di melakhòt (attività) proibite di Shabbàt, alcuni dei quali vengono trattati in questo articolo. Per il momento è sufficiente sapere che vi sono trentanove melakhòt proibite di Shabbàt e che accendere il fuoco è una di esse.
Alcuni dei problemi che i decisori di Halakhà hanno dovuto affrontare in merito all’uso dell’elettricità di Shabbàt sono i seguenti:
1. La luce elettrica è da paragonare al fuoco sia per lo Shabbàt che per i giorni di Yom Tov? In altre parole qual è la proibizione di usare l’elettricità di Shabbàt?
2. Una volta ammesso l’uso dei “timer” per lo Shabbàt (spegnimento e accensione), è permesso farne un uso in ogni circostanza: per esempio, per programmare accensione e spegnimento di radio, televisione?
3. L’uso dei semiconduttori segue le stesse regole dei conduttori metallici?
4. Le lampade a luce LED sono paragonabili a quelle che funzionano con filamento a incandescenza?
5. Come sono definiti i circuiti integrati nella Halakhà?
6. Che atteggiamento assumere di fronte ai sensori che aprono o chiudono una porta in molti alberghi e in molti luoghi pubblici.
7. Come e quando si deve applicare il concetto “Uvdà dechol”, un’azione feriale, cioè un’azione fatta di Shabbàt, che non è una melakhà, ma che è parte dei nostri comportamenti nei giorni feriali, e in questo modo si viola lo spirito dello Shabbàt comportandosi come in un giorno feriale .
La proibizione delle lampadine incandescenti di Shabbàt
La scoperta dell’elettricità e la sua produzione e utilizzazione nella vita di tutti i giorni ha cambiato in modo positivo la vita ebraica, ma ha anche creato nuovi problemi di Halakhà. Sappiamo che l’accensione del fuoco è una delle trentanove melakhòt proibite di Shabbàt . Ora che per fare luce o riscaldare la casa usiamo l’elettricità, come si definisce l’accensione della luce rispetto alla melakhà di accendere un fuoco?
Non c’è dubbio che l’energia elettrica abbia sostituito il fuoco e quindi il passo per proibirne l’uso di Shabbàt dovrebbe essere stato relativamente facile. Tuttavia non è stato così e i decisori di Halakhà hanno offerto opinioni diverse per motivare la proibizione dell’uso dell’elettricità di Shabbàt.
Inoltre le innovazioni si sono succedute con grande rapidità e hanno coinvolto tutti gli aspetti della vita: in casa con la cottura e il riscaldamento dei cibi, con il riscaldamento e il condizionamento, con l’accensione e lo spegnimento della luce, e così pure al lavoro e nella vita sociale. Ognuno di questi aspetti ha richiesto analisi e decisioni specifiche.
Perché è proibito accendere o spegnere la luce di Shabbàt? La stragrande maggioranza dei decisori di Halakhà concorda che l’accensione di una luce incandescente di Shabbàt comporta la violazione di una proibizione della Torà poiché la corrente elettrica fa sì che il filo di metallo nella lampadina venga scaldato fino al punto di emettere luce, ed equivale ad accendere una fiamma o a cuocere il metallo.
I problemi halakhici nell’uso di elettrodomestici di Shabbàt
La maggior parte dei problemi halakhici sull’uso dell’elettricità viene incontrata con l’uso di elettrodomestici nei quali non vengono generati né luce né calore (per il frigorifero bisogna escludere la lampadina interna che ne illumina l’interno). Le principali opinioni in merito al motivo per cui i primi decisori halakhici che hanno trattato l’argomento hanno affermato che è proibito operare elettrodomestici di Shabbàt sono due.
La creazione di qualcosa di nuovo (Molìd)
Il primo decisore halakhico ad affermare che nell’uso dell’elettricità di Shabbàt si incorre nella proibizione di “molìd” (lett. “fare nascere” una cosa nuova) fu r. Yitzchak Schmelkes (Av Bet Din a Lvov in Galizia nella seconda metà dell’Ottocento), nella sua opera Bet Yitzchak (2:31).
R. Schmelkes sosteneva che la creazione di una corrente elettrica è una cosa nuova, paragonabile alla creazione di un aroma nuovo negli abiti (Betzà, 23a).
Secondo l’opinione di rav Schmelkes, chiudendo un circuito e facendo scorrere la corrente elettrica si trasgredisce la proibizione di molìd, in quanto si tratterebbe di creare qualcosa di nuovo: la chiusura di un circuito mette il dispositivo in grado di funzionare. La proibizione sarebbe comunque rabbinica (derabbanàn).
Circa la possibilità di applicare il concetto di molìd alla corrente elettrica come estensione di quanto stabilito nel Talmud nel trattato di Betzà (22b) per la profumazione degli abiti, scrive R. Shelomò Zalman Auerbach, tra i posekìmmoderni più importanti: “Penso sia molto difficile inventare una nuova proibizione come questa (applicare la proibizione di molìd della Ghemarà sulla profumazione degli abiti) che non è ricordata affatto nel Talmud” (Minchàt Shelomò, 141:9): quindi il concetto di molìd non si può applicare alla luce.
La melakhà di costruire
R. Yesha’yahu Karelitz, detto Chazon Ish dalla sua celebre opera di Halakhà (Orach Chayim, 50:9), sostiene che la chiusura di un circuito è un atto di costruzione (Bonè) e la sua apertura è un atto di distruzione (Sotèr).
L’obiezione all’opinione del Chazon Ish è che soltanto se un’azione produce un’unione fissa tra due fili (che potrebbe rientrare nel concetto di Bonè), si può parlare di una proibizione della Torà. Mentre aprire e chiudere un circuito è analogo ad aprire e chiudere una porta, cosa che la Torà non considera un atto di costruzione (Bonè).
Pertanto nel caso in cui il circuito elettrico operi, senza che la sua azione venga avvertita, senza che ci sia una unione definitiva ma una amplificazione temporanea, la cosa non è proibita per questo motivo ma per altre ragioni.
I semiconduttori
Va notato però che nella realtà odierna nel mettere in funzione i vari dispositivi elettronici non avviene sempre la chiusura di un circuito o la produzione di una corrente elettrica: molti sistemi utilizzano elementi semiconduttori, minuscoli, in cui non vi è chiusura di circuiti e la corrente non viene proprio avvertita. Ciò nonostante questi strumenti non possono essere usati di Shabbàt per motivi diversi (vedi nota alla fine dell’articolo).
Le lampade LED (che funzionano mediante semiconduttori) non trasformano un oggetto che non illumina in un oggetto che illumina: fotoni fuoriescono da un oggetto che continua a rimanere oscuro e non possiamo applicare il concetto di molìd. Le nostre conoscenze in fisica ci insegnano che il calore e la luce fanno parte di una stessa categoria e l’odore e il fuoco (ai quali si applica la proibizione di molìd) appartengono a un altro gruppo: quindi non possiamo imparare dalle regole dell’odore e del fuoco regole che riguardano la luce e il calore.
Le conseguenze pratiche
Per quanto concerne le conseguenze pratiche, bisogna valutare il funzionamento di ogni strumento separatamente e non guardare solo gli aspetti tecnici e halakhici, ma anche gli aspetti sociali e la loro influenza sull’atmosfera dello Shabbàt.
Non c’è dubbio che l’uso dell’energia elettrica abbia facilitato l’osservanza dello Shabbàt: oggi è possibile avere del cibo caldo utilizzando la “platta” e non è più necessario ricorrere a forni a carbone che vanno ripuliti dalla cenere. È possibile avere di Shabbàt termosifoni per il riscaldamento e condizionatori d’aria, che si accendono o spengono con un dispositivo elettronico (timer) preparato prima dell’inizio dello Shabbàt.Questo in base al principio di Bet Hillel, accettato dalla Halakhà (T.B., Shabbàt, 18a; Rambam, Hilkhòt Shabbàt, 3: 1 – 2) che “En shevitàt kelìm be-Shabbàt ” (gli oggetti possono continuare e funzionare di Shabbàt e non devono cessare di operare).
Lo Shabbàt di ottanta anni fa era molto diverso e lo sviluppo della tecnica ha contribuito a creare un’atmosfera che permette di vivere più piacevolmente il Sabato. Oggi esiste il pericolo di approfittare dell’automazione. Se è permesso usare un timer per spegnere la luce, qualcuno potrebbe chiedere perché non dovrebbe essere permesso usarlo per accendere o spegnere una radio, un televisore, un lettore di CD o un giradischi. Queste attività quotidiane, se effettuate di Shabbàt, ne rovinerebbero lo spirito e sono proibite in base al principio “Uvdin dechol” (attività feriali).
Il concetto uvdin dechol (o uvdà dekhulin)
Nel suo commento alla Torà (Wayqrà, 23:24) il Nachmanide afferma che questo principio che proibisce di svolgere certe “uvdin dechol” (attività feriali) di Shabbàt è dettato dalla Torà, come conseguenza della mitzwà per cui di Shabbàt bisogna cessare (lishbòt) dal fare lavori o azioni che possono trasformare lo Shabbàt in una giornata di lavoro, dimenticando che lo Shabbàt è stato dato anche come menuchà (riposo).
Il Maimonide afferma che tutte queste azioni sono di origine rabbinica e fanno parte di quelle proibizioni indicate come shevùt7 , in quanto assomigliano alle melakhòt proibite dalla Torà, pur non essendolo.
Il Maimonide aggiunge una seconda categoria di attività proibite di Shabbàt anche se non assomigliano a melakhòt di Shabbàt, perché il profeta Yesha’yà sopra citato disse: “Tu lo onorerai nel non fare le cose che sei uso fare, nell’astenerti dal cercare i tuoi affari e parlare di cose profane”. Per questo motivo di Shabbàt è proibito parlare anche di affari o di attività proibite di Shabbàt che si intendono fare nei giorni che seguono (per esempio, “domani andrò in automobile fuori città”).
ll Maimonide e il Nachmanide arrivano a conclusioni simili, ma con una differenza importante: secondo il Nachmanide la proibizione “uvdin dechol” deriva dalla Torà (interpreta così il verbo lishbòt, cessare), mentre il Maimonide afferma che è di origine rabbinica. La posizione generalmente accettata è quella del Maimonide.
Per la vita normale non c’è differenza se le proibizioni sono di origine rabbinica o dalla Torà perché siamo obbligati a osservarle senza distinzione. La differenza è importante quando i poseqìm devono prendere decisioni delicate nelle quali, per esempio, per curare un malato che non è in pericolo di vita, si può essere facilitanti e permettere di fare delle melakhòt proibite dai Maestri. Anche in questo caso la decisione deve essere presa da un posèq di Halakhà e non può essere presa in base a una decisione individuale.
Le complicazioni delle nuove tecnologie
La situazione si va anche complicando con il tempo: una delle innovazioni che ha creato parecchie discussioni è quella dei sensori che accendono o spengono delle luci o aprono delle porte, a volte senza la volontà dell’uomo.
Ciò che hanno fatto i Maestri nel corso del tempo è stato ragionare in base al concetto “dimmui miltà le-miltà”, “paragonare una cosa a un’altra”. A volte però è difficile riuscire a trovare qualche caso precedente cui paragonare un problema nuovo: a questo punto intervengono i moderni decisori che devono avere, accanto a una conoscenza molto ampia di tutta la Halakhà, anche la capacità di trovare i possibili punti di uguaglianza e poter godere di una conoscenza a 360 gradi anche degli aspetti scientifici e della realtà umana o comunque di avere dei consulenti in grado di rispondere alle loro domande con creatività.
In effetti ci sono diversi tipi di sensori che mettono in moto dei sistemi elettrici per mezzo di istruzioni che non comportano chiusura o apertura di circuiti (secondo le definizioni date all’inizio), ma solo modifica della corrente (macchine fotografiche che controllano entrate e uscite, porte negli alberghi ecc.).
L’utilizzazione dei circuiti integrati non sembra comporti una trasgressione dello Shabbàt secondo la Torà, ma causa o produce un’azione elettrica che può essere proibita solo dai Maestri (miderabbanàn) in quanto rientra nella definizione di uvdà dechulin (azione feriale). Qui i Maestri hanno tenuto conto della percezione che ha l’uomo normale, che non può notare alcuna differenza tra l’accensione di una lampada a incandescenza o una luce LED che si basa sull’uso di semiconduttori.
Il concetto di gramà
Uno dei concetti che vengono usati dai Maestri per consentire l’uso di alcuni oggetti di Shabbàt è quello di Gramà, cioè se il loro uso causa un’azione indiretta che genera una trasgressione di una delle trentanove melakhòt proibite di Shabbàt. La Torà stabilisce “Osserveranno i figli di Israele lo Shabbàt per fare lo Shabbàt”, cioè la Torà proibisce il ma’asè, ossia l’azione fatta con lemani o con le parti del corpo che sono deputate a questo scopo: per esempio i piedi vengono usati normalmente per schiacciare l’uva o il grano e pertanto questa è un’azione proibita di Shabbàt (T.B., Shabbàt, 120b).
La domanda è se questo vale per altre parti del corpo che non hanno alcuna funzione lavorativa: per esempio il cammino di una persona, che è un’azione assolutamente permessa, può generare l’accensione di una lampada o l’apertura di una porta che si apre automaticamente al passaggio per la strada, mediante un dispositivo che è stato preparato prima dello Shabbàt: una porta di un negozio si apre automaticamente o una luce pubblicitaria si accende attraversando un vicolo senza che ci sia nessuna volontà della persona. I sensori possono essere di natura diversa e vanno trattati in maniera diversa dal punto di vista della Halakhà, e va chiesta l’opinione di un posèq prima di poterli permettere: a volte è chiaro che non c’è ma’asè completo, ma ci può essere gramà o in certi casi neanche gramà.
Un caso tipico è quello dell’uso di sensori per motivi di sicurezza che fanno accendere una luce di fronte a un’abitazione quando il sensore sente che qualcuno sta passando a una certa distanza.
Il problema è che non si può produrre volontariamente l’intervento del sensore (che comunque funziona sulla base di un diodo e quindi non è proibito dalla Torà, ma dai Maestri come uvdà dechulin). Comunque per una persona che si muove lefi tumò (cioè non ha intenzione di chiudere o aprire una porta, ad esempio e non ne trae alcun beneficio), in questo caso non contravviene a nessuna norma.
È capitato che un ebreo americano raccontò che per via di un sensore nella casa al di là della strada, ogni volta che entrava nella sua abitazione il sensore faceva accendere la luce situata sul muro al di sopra della porta del vicino di fronte. Posta la domanda a rav Feivel Cohen, uno dei più noti decisori halakhici di Brooklyn, la risposta fu che la cosa è permessa per via della combinazione di due fattori:si trattava di gramà e inoltre chi causava l’attività del sensore “non ne traeva nessun gradimento” (nella Ghemarà il concetto è espresso con le parole “pesiq resha dela nicha le.
La tentazione di ascoltare le notizie, vedere una partita o un programma in TV utilizzando un timer per accendere o spegnere il televisore è sempre in agguato: la creazione di un sistema che lavori utilizzando il concetto di gramà per evitare di usare un telefono o uno smartphone di Shabbàt per motivi che non siano di sicurezza o sanitari sono oggi abbastanza facili da creare. Un trenddi questo genere finirebbe per vanificare l’osservanza dello Shabbàt.
La necessità di conservare la qedushà e la specificità dello Shabbàt
Se vogliamo mantenere la differenza tra Shabbàt e gli altri giorni dobbiamo dare molta più forza alla mitzwà affermativa dello Shabbàt, zakhòr, “Ricorda il giorno dello Shabbàt per santificarlo”. Secondo il Nachmanide dobbiamo far sì che sia anche yom shabbatòn, cioè cessazione delle azioni che sviliscono il ruolo dello Shabbàt. Solo così potremo continuare a fare dello Shabbàt la base della fede, Yesod haemunà.
Nota
Molti degli strumenti (Diodi, Lampade LED, Sensori e Circuiti integrati dei cellulari) usati oggi nella vita quotidiana si basano sull’uso dei semiconduttori, il cui funzionamento si basa sul passaggio di energia da una banda a un'altra e non all'apertura o chiusura di un circuito. L'uso di questi strumenti è generalmente proibito come uvdà dekhulin, in quanto il passante non percepisce di fatto alcuna differenza tra l’accensione di una lampada a incandescenza, l'uso del cellulare o l'apertura di una porta al passaggio di una persona. Sui semiconduttori è disponibile un'ampia letteratura alla quale rimandiamo.
Bibliografia (minima)
Per gli aspetti collegati con l’elettricità di Shabbàt si consultino i volumi pubblicati da Institute for Science and Halakhà
1) Diversi libri sia su argomenti specifici come Ma’asè vegramà, Kashruth and Shabbat Laws in modern kitchen (di Rabbi L: Y. Halperin, Collected Paper, Rabbi S. Z. Auerbach)
2) Electricity in Halakhà (Halakhic Abstract in più volumi
3) Shabbat and Electricity (di Rabbi L. Y. Halperin, compiled by Rabbi Dovid Oratz), Jerusalem 5753 (il libro è in inglese)/
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