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Purìm: Comportarci come un re


dal libro su Purim di rav Immanuel Piazza o Sed

La Ghemarà1 , racconta che il re Shlomò aveva fatto catturare dal generale del suo esercito Benayàu ben Yeoyaàa, il re dei demoni Ashmedài. Un giorno il re Shlomò rimasto da solo con Ashmedài, gli pose una domanda. Il re dei demoni gli disse che gli avrebbe potuto rispondere soltanto dopo che lo avesse liberato dalla catene che lo intrappolavano, e che per rispondere aveva inoltre bisogno anche dell'anello con il quale era stato catturato. Il re Shlomò lo liberò e gli diede l'anello, Ashmedai colse l'occasione e colpì il re Shlomò spodestandolo dal trono e lanciandolo lontano 400 parsà, ossia fuori dalla terra di Israele; infatti la terra d'Israele è grande 400 parsà per 4002. Ashmedài cambiò il suo aspetto in quello del re Shlomò e regnò facendo finta di essere lui. Nel frattempo il re Shlomò era disperso fuori dalla terra di Israele, nessuno sapeva chi fosse e aveva perso tutto, tuttavia gli era rimasto lo scettro (secondo un'opinione della Ghemarà) o l'abito regale (secondo una seconda opinione). La Ghemarà3 insegna che il re Shlomò regnava sul suo scettro (secondo la prima opinione) o sull'abito regale (secondo la seconda opinione). Cosa significa che regnava sul suo scettro o sull'abito regale? Spiega rav Ytzchak Lampronti zz’l nel suo libro Pàchad Yitzchàk” che la Ghemarà ci sta insegnando che re Shlomò continuò a comportarsi da re, difatti nonostante avesse perso il suo regno e vagasse per il mondo come un vagabondo, mantenne sempre il suo comportamento regale. B”H continuando con la nostra derashà, scopriremo il collegamento di questo racconto della Ghemarà con la Meghillà di Ester. Nella Meghillà di Ester4 si racconta che Bightàn e Tèresh volevano uccidere il re Achashveròsh avvelenandolo. Mentre stavano complottando, si accorsero che Mordechài haTzaddìq si trovava nei loro paraggi, tuttavia non se ne curarono poiché credevano che non conoscesse la loro lingua. In realtà Mordechài aveva capito tutto, poiché essendo uno dei dayanìm (giudici) del Sanhedrìn conosceva settanta lingue. Fu così che Mordechài riferì a Ester, già divenuta regina, del complotto di Bightàn e Tèresh ed Ester rivelò quindi a sua volta tutto quanto al re Achashveròsh, il quale impiccò i due malvagi e si salvò la vita grazie all'informazione di Mordechài haTzadìq. Il Maharàl di Praga si domanda5 per quale ragione Mordechài salvò il re Achashveròsh? Difatti se Achashveròsh fosse stato ucciso, Ester sarebbe stata liberata e sarebbe potuta tornare a vivere insieme a lui (Ester e Mordechài erano sposati). Il Maharàl di Praga spiega che in realtà questa domanda viene posta dal midrash6 in cui vien detto : Nella Meghillà è scritto: ... e Mordechài venne a conoscenza del complotto ecc... Per quale ragione Mordechài ha pietà di Achashveròsh e non ha pietà di Ester? infatti salvandolo causerà a Ester di non essere liberata. Rabbi Yehùda risponde che è scritto nei Tehillim7 rifletto e imparo dal comportamento dei saggi anziani. Chi sono i saggi? Yaaqòv, che ha benedetto il Faraone e l’ha così anche aiutato e Yosèf che ha interpretato i sogni del Faraone e Daniel, che ha aiutato il re malvagio Nevukhdanetzàr interpretandogli i sogni. Mordechài haTzadìk riflettè e giunse alla conclusione che anche per lui la cosa migliore da fare fosse aiutare il re, riferendo ciò di cui era venuto a conoscenza a Ester e salvando così il re dal complotto dei due malvagi (fin qui il midràsh ). Il Maharàl di Praga, spiega il midràsh: nel Pirkè Avòt8 è scritto: "Prega per la pace del regno ,poiché senza timore del regno le persone si mangerebbero l'una l'altra”, ossia il Signore dirige il mondo e lo protegge nominando in ogni nazione un re che con i suoi statuti crea ordine tra i cittadini. Per questo motivo Mordechai haTzadìq salvò il re Achashveròsh, affinché il regno potesse continuare a funzionare correttamente e ciò lo imparò proprio da Yaaqòv ,Yosèf e Danièl , i quali anch’essi si preoccuparono del regno in cui vivevano. Infatti la benedizione di Yaaqòv per il Faraone fece sì che il Nilo gli venisse incontro ogni volta che passeggiava sulle sue sponde e in questo modo l'Egitto veniva irrigato senza fatica favorendo oltre misura l’agricoltura. Così come Yaaqòv provocò un miracolo cosi grande per il bene e il successo del regno in cui viveva, similmente anche Yosèf , nonostante il Faraone gli avesse chiesto soltanto di interpretargli i sogni, gli consigliò anche come gestire l'Egitto durante gli anni di carestia e tutto ciò per il bene del regno in cui viveva. Vediamo che anche Daniel interpretò i sogni del re malvagio Nevukhadneatzàr salvandolo dalla sofferenza e sempre per il bene del regno. Infatti vediamo che nel momento in cui un re perde l'autorità e i suoi funzionari prendono il potere, i cittadini non hanno più timore delle autorità locali, tendono ad avere il sopravvento l’uno sull’altro e persino a danneggiarsi fra di loro. Per questo motivo Mordechài ebbe pietà del re Achashveròsh salvandogli la vita, pur causando così che Ester rimase prigioniera del suo ruolo di regina e non potè tornare a casa da lui. È chiaro che questo è un comportamento adatto soltanto ad uno tzaddìq , come lo era Mordechài ,che era uno dei giudici del Sanhedrìn e il grande rabbino della generazione in quell'epoca, tuttavia anche noi possiamo imparare qualcosa dal suo comportamento... Nel midrash9 è scritto che l'uomo è un piccolo mondo e anche nel libro di Kohèlet10 è scritto: Una piccola città con poche persone. La Ghemarà11 spiega che per piccola città si intende l'uomo, con poche persone si intende le membra del corpo; in questa piccola città c'è un re: la testa, il buon senso e l'intelligenza, come scritto nello Zohar12 . Ossia la testa, l'intelligenza e il buonsenso devono regnare sulle altre membra del corpo, in particolare la testa deve dirigere il cuore in cui si trovano tutti i desideri e i piaceri, come è scritto nel midrash13 che per quanto riguarda gli tzaddiqìm il loro cuore è nelle loro mani, cioè sotto il loro completo controllo. Bisogna impegnarsi affinché il re ossia la testa, non perda la sua autorità e il potere non venga preso dai suoi funzionari cioè il cuore. Adesso è chiaro qual è il collegamento tra il re Shlomò e la Meghillà di Ester: lo stesso re Shlomò quando perse il suo regno ed era vagabondo nel mondo, continuò a comportarsi da re, insegnandoci nel suo libro Kohèlet che l'uomo è come una piccola città con poche persone, le membra del corpo, e anche nei momenti difficili in cui il cuore vuole prendere il sopravvento dobbiamo continuare a comportarci come un re e far sì che la testa, il buonsenso, comandino sul cuore. Infatti abbiamo studiato da Mordechài che dobbiamo impegnarci per il bene del nostro regno... quindi anche in situazioni difficili in cui il cuore vuole sviarci dalla retta via, dobbiamo essere forti e far sì che il buonsenso governi, seguendo così la via delle mitzwòt e non abbandonando mai le halakhòt dello Shulchàn Arùch.


1 TB Ghittìn 68b, Sanhedrìn 20b.

2 vedi libro Ben Yehoyadà.

3 TB Sanhedrìn 20b.

4 capitolo 2:21-22

5 libro Or Chadàsh pag. 123

6 Yalqùt Shimonì.

7 cap 119 v.100.

8 cap 3, mishnà 2

9 Tanchumà Pequdè.

10 cap. 3, v. 14

11 TB Nedarìm 32b.

12 volume1 pag. 138a.

13 Ester Rabbà.

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