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Parlare fra una sonata e l’altra dello Shofàr

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Il Ben Ish Chài (Rav Yosef Chayìm di Bagdad, 1833-1909), nella Parashà di Nitzavim (12), scrive che il toqèa (colui che suona lo shofàr a Rosh HaShanà) dovrebbe dichiarare verbalmente prima di suonare lo shofàr che con tutte le sonate vuole fare uscire d’obbligo sé stesso e il pubblico. Anche se è ovvio e sottinteso, è preferibile esplicitare l’intenzione verbalmente e non solo tenerla a mente.

 

Il Ben Ish Chài continua parlando di un’importante alakhà di cui purtroppo molti non sono a conoscenza. Né il toqèa né il pubblico possono parlare in nessun punto dal momento in cui viene recitata la berakhà sullo shofàr fino all’ultima suonata dopo Musàf. Ovviamente chiacchierare durante la tefillà è inadatto in qualsiasi momento e bisogna frenarsi dal farlo dall’inizio alla fine. Nel caso del suono dello shofàr però, questo divieto assume un’importanza ancora maggiore. Il motivo per cui si effettuano varie suonate dello shofàr è perché non siamo sicuri di quale suono vada suonato. Per essere certi di compiere la mitwà del giorno, suoniamo ogni possibile suono. Quindi ogni suonata potrebbe essere quella attraverso cui si esce d’obbligo, ed è vietato parlare fra la berakhà sul compimento di una mitzwà e la mitzwà stessa. È quindi imperativo restare assolutamente in silenzio dal momento in cui il toqèa recita la berakhà sullo shofàr fino al termine dell’ultima suonata.

Riassumendo: durante Rosh HaShanà è strettamente proibito parlare dal momento in cui il toqèa recita la berakhà sullo shofàr fino all’ultima suonata dopo Musàf.

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