Norme di Purim
Come sapete domenica è Purim! Abbiamo pensato a realizzare uno Speciale con alcune delle norme, in parte tratte e adattate dal libro “Purim: Halakhot e Minhaghim” di Aharon Braha.
A proposito di purim: è permesso lavorare?
La meghillà descrive la festa di purim come un’occasione di “mishtè e simchà”, ossia banchetto e gioia (9:22). Non si parla di yom tov, un giorno in cui è proibito
compiere melakhòt (lavori). In senso stretto quindi, non è vietato lavorare
durante purim. Nonostante ciò, l’uso diffuso in alcune comunità è quello di astenersi dal lavorare durante il giorno di purim, e l’alakhà richiede quindi, che le persone facenti parte di queste comunità devono rispettare tale uso.
Inoltre ci sono fonti da cui impariamo che dal lavoro svolto durante questo giorno non deriva berakhà (benedizione), quindi in ogni caso, non è consigliabile lavorare di Purim a meno che non se ne abbia necessità in modo da poter guadagnare soldi che coprano le spese della festa.
Tutta la discussione si riferisce solo a lavori fisici, come per esempio lavori che hanno a che fare con l’agricoltura etc. Tecnicamente parlando, è consentito svolgere lavori d’ufficio e simili nel giorno di Purim. Chiaramente però, è preferibile non andare a lavorare, in modo da poter trascorrere la giornata essendo coinvolti nelle tante mitzwòt ad esse collegata – mishlòach manòt, mattanòt laevionìm, l’ascolto della lettura della meghillà e ovviamente il banchetto di festa. Se fosse possibile, bisognerebbe cercare di programmare gli impegni di lavoro in modo da non dover lavorare durante Purim, così da poter dedicare la giornata ai festeggiamenti. Se si deve lavorare di Purim, è possibile, a patto che si riescano a compiere in modo adeguato tutte le mitzwòt legate alla giornata. Va inoltre notato che è del tutto lecito
avere dei non ebrei che svolgano lavori per ebrei nel giorno di Purim. Così, gli imprenditori, possono sicuramente lasciare aperta la loro attività facendola gestire agli impiegati non ebrei.
È completamente consentito lavorare la sera di Purim. La discussione riguardo al lavoro si riferisce solo al giorno, momento in cui si compiono le mitzwòt della festa.
È completamente permesso scrivere, fare fotografie, tagliarsi le unghie e i capelli.
Rav Chayìm Falagi (Turchia, 1788 - 1869) scrive che lavori di costruzione non dovrebbero essere svolti nella propria casa durante Purim. Questa è la conclusione di diverse autorità, fra cui il Bet David e l’Èrech haShulchàn. Rav Ovadià Yosef dice che si può facilitare riguardo alla questione, se a causa del ritardo nei lavori ci sia una perdita monetaria, altrimenti non bisognerebbe fare restauri a casa durante Purim.
Riassumendo: se possibile, bisogna cercare di non lavorare durante il giorno di Purim e passare la giornata essendo coinvolti nelle mitzwòt ad essa correlate. Se è necessario, si può lavorare, a patto da poter compiere in modo adeguato le mitzwòt particolari del giorno. Si possono avere lavoratori non ebrei che lavorano per un ebreo di Purim ed è permesso lavorare durante la notte di Purim. Si può scrivere, tagliarsi le unghie e i capelli. Non bisogna fare restauri a casa di Purim, a meno che la sospensione dei lavori non causi una perdita monetaria.
Riadattamento del link http://www.dailyhalacha.com/displayRead.asp?readID=1788
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Le Mizvot del giorno di Purim.
Il giorno di Purim abbiamo, oltre alle norme particolari che vedremo, 4 mitzwòt:
(a) La lettura della Meghillà di Ester, sia la notte che il giorno.
(b) Il Mishlòach Manòt, ossia un dono di due pietanze a un'altra persona.
(c) Le Mattanòt laEvionìm, ossia dei doni da dare agli ebrei poveri.
(d) La Se’udà di Purim, ossia il pasto percelebrare Purim.
Qui di seguito alcune halakhòt sulla lettura della Meghillà e le relative berakhòt.
La Lettura della Meghillà
La Mitzwà
C’è una miztwà midivrè qabalà (cioè esplicita nei Neviìm e Ketuvìm, e avente solamente dei remazìm ~ allusioni nella Torà scritta) di leggere la Meghillà di Ester durante Purim (Toràt HaMoa’dìm 5: 1).
Quante volte?
Ogni ebreo è tenuto a leggere (o sentire la lettura) della Meghillàt Ester due volte:
una la notte e una il giorno (Torat HaMo’adim 5: 1).
Il tempo della lettura della notte
La lettura della notte
La lettura della notte può essere effettuata tutta la notte, dall’uscita delle stelle
fino all’ עלות השחר ‘alòt hashòchar ~inizio dell'alba (cioè 72 minuti zemaniòt prima del נץ החמה netz hachamà ~ completo sorgere del sole) (Chazon ‘Ovadiàh pag. 47-48: 1, cfr. Torat HaMo’adim 5:1).
Quanto prima
Nonostante il tempo della lettura della Meghillà della notte sia lungo tutta la notte,
è opportuno leggerla quanto prima dopo l’uscita delle stelle (‘Arukh haShulchan Orach Chayìm 687: 4), Pisqè Teshuvòt 687: 1).
Chi non può leggere la notte
Chi sa di non poter leggere la Meghillà al Bet hakèneset durante la notte di Purim, ad esempio in periodo di guerra, oppure in un luogo dove è pericoloso girare per strada di notte, può leggere la Meghillà con le sue berakhòt la vigilia di Purim al bet hakeneset dall’orario di pelàg haminchà. Ed è meglio optare per questa opzione piuttosto che leggere la Meghillà (sia pure da una Meghillà Kesherà) da soli in casa dopo tzet hakokhavìm ~uscita delle stelle (Toràt HaMo’adìm 5: 3).
Chi ha perso la lettura della notte
Chi non ha letto la Meghillà tutta la notte non può più recuperarne la lettura. Quindi di giorno la legge solo una volta (Torat HaMo’adim 5: 4). In questo caso quando la legge di giorno aggiunge anche la berakhà di Sheecheyanu prima della lettura (cfr. Torat HaMo’adim5, 16).
Il tempo della lettura del giorno
La lettura del giorno
La lettura del giorno può essere effettuata tutto il giorno, dal נץ החמה netz hachamà ~ completo sorgere del sole fino alla fine delle ore di luce. בדיעבד Bedi’avàd ~ a posteriori, se ha letto la Meghillà prima del netz hachamà ma entro l’ ‘alot HaShachar ~ inizio dell'alba (72 minuti zemaniot prima del netz hachamà) è uscito d’obbligo (Torat haMo’adim 5: 1).
Chi non può leggerla dopo il netz hachamà
Chi sa che non potrà leggere la Meghillà dopo il netz hachamà, la legga a priori dall’ ‘alòt hashachar (Torat HaMo’adim 5: 1).
Berakhòt sulla lettura
Berakhòt la notte
Chi legge la Meghillà durante la notte benedice tre berakhot:
(1) ‘Al Miqrà Meghillà.
(2) She’asà Nissìm.
(3) Sheecheyianu (Torat HaMo’adim 5: 13).
Berakhòt il giorno
C’è da distinguere tra sefarditi e ashkenaziti. I sefarditi recitano solo le prime due berakhòt (senza sheecheyiànu, che è stata letta la sera prima) e molti ashkenaziti usano recitare tutte e tre le berakhòt (cfr. Torat HaMo’adim 5: 13). Il Minhag ~ uso della qehillàt qòdesh Ferrara e in generale quella degli italiani è come i sefarditi, che non recitano la berakhà di Sheecheyiànu se non la sera (Pachad Yitzchàq Lampronti “Meghillà Chayavìm Liqrotà Balàyla” e “Meghillàh Mevarekhìnacharèa”).
Sheecheyiànu
È opportuno pensare durante la recitazione della berakhà di Sheecheyiànu a tutte le mitzwòt del giorno di Purim, comprese mishlòach manòt, mattanòt laevionìm e la se’udà di Purim (Torat HaMo’adim 5: 13).
Dopo la lettura
Berakhà di Harav et Rivènu
Dopo aver completato la lettura, si arrotola la meghillà kesherà. Una volta arrotolata, si recita la berakhàh di “Haràv et Rivènu” e si conclude dicendo “Barukh Attà Hashem, Hanifrà Le’ammò Israel Mikòl Tzarehèm, HaEl HaMoshì’à (Torat HaMo’adim 5: 14). Per recitare la berakhà di Haràv et Rivènu c’è chi sostiene che siano necessari 10 ebrei (tra uomini e donne), visto che questa berakhà è solo un minhag ~ uso, e come tale è stata stabilita solo per un pubblico (cfr. Torat HaMo’adim 5: 14). In un luogo ove vi sia un uso chiaro di recitare la berakhà con anche meno di 10 ebrei presenti, è possibile continuare con il proprio uso, ma nel caso in cui l’uso sia incerto, si entra in un dubbio di berakhàh levatalàh ~ benedizione invano, con relativo Nome del Signore invano. Per fare le cose al meglio, è opportuno anche ove vi sia un uso, avere donne e bambini che siano giunti in età di educazione per ottenere il totale di 10 (cfr. Ben Ish Chai 13, note Ish Matzlìach sulla Mishnàh Beruràh 316: 4).
L’uso in diverse comunità è quello di recitare questa berakhà anche quando una persona legge da sola la Meghillà. E così è l’uso della qehillà di Bagdad (Ben Ish Chai 13). E così è anche l’uso degli italiani nella qehillà di Mantova e degli italiani in
Genere. Così testimonia Rabbènu Barùkh Casis in una lettera inviata a Rabbènu Yitzchàq Lampronti, che la riporta nel Yitzhàq (“Meghillàh Mevarechìn Acharèa”). Riporta inoltre una lettera del Chakhàm Bril, suo maestro, che testimonia che la Qehillà Ashkenazita a Mantova usava invece non recitare alcuna berakhà.
Purim Sameach!
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