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Mitzwòt legate alla Parashà - Shemòt




Moshèh Rabbenu vede un suo fratello ebreo in pericolo, per quanto gli fa l'egiziano e lo salva – compiendo alcune Mizvot. Quali? 238, 600-601

238 (Mizvàh Lo Ta'asèh 141) Non evitare di salvare il proprio compagno dal pericolo, com'è detto: “Non stare inerte davanti al sangue di tuo fratello” (Vayqrà 19:16) Ad esempio, se ha visto un suo compagno che sta annegando o si trova in altri pericoli, è tenuto a salvarlo in ogni modo possibile. Incluso in ciò, salvarlo dal perdere denaro. Ad esempio se sa che un truffatore o un ladro vogliono derubarlo, e poteva convincerli a evitarlo [sia pagando che parlandoci] trasgredisce il divieto. Non si subisce pena corporale su questo divieto, perché non è costituito da alcuna azione (En Bò Ma'asèh). Si applica in ogni tempo e luogo, sia per gli uomini che per le donne.

600-601 (Mizvàh ‘asèh 241) Chi vede un uomo che perseguita un altro per ucciderlo, deve salvare chi è inseguito, com’è detto (Devarim 25:12) “le taglierai la mano [alla persona che perseguita]” (Mizvàh Lo Ta’asèh 360) e non bisogna avere pietà dell’inseguitore, com’è detto: (Devarim 25:12) “E non avrai pietà nei tuoi occhi”

Nel Sifri si spiega in base all’inizio del versetto che bisogna salvare un ebreo inseguito colpendo su uno degli arti l’inseguitore. E se non è possibile salvarlo solo colpendo l’inseguitore, allora non bisogna avere pietà, arrivando fino ad uccidere per salvare l’inseguito. Persino se l’inseguitore è piccolo. Pertanto nel caso di una donna che ha difficoltà a partorire e il bambino mette a repentaglio la sua vita, il nascituro è considerato ‘persecutore (rodef)’ e come tale bisogna fare quanto necessario per salvare l’ ‘inseguito (nirdaf)’ che è la madre, arrivando pure a farlo morire se necessario. Solo nel caso abbia fatto già uscire la sua testa non è possibile fargli alcunché perché non si spinge via un’anima per un’altra, perché questo è l’ordine naturale del mondo, e come tale non si interferisce.

Chi vede il Rodef ~ persecutore che vuole uccidere un suo compagno, poteva salvarlo e non lo ha fatto, ha annullato questa Mizvàh ‘asèh e ha anche trasgredito il Laav di “Lo Ta’amod ‘al Dam Re’ekha” ~ “Non rimanere inerte dinnanzi al sangue di tuo fratello” (238). Non si ricevono frustate su questo divieto, perché non c’è azione (Laav SheEn Bò Ma’asèh).

E così chi vede un Rodef ~ persecutore dietro una ragazza fidanzata per violentarla o che vuole avere rapporti con altre donne a lui proibite [compresa una donna Niddàh] o che vuole avere un rapporto con un uomo, è possibile colpirlo quanto necessario affinché non lo faccia.

Nel caso però invece voglia inseguire qualcos’altro per commettere un’altra ‘averàh ~ trasgressione – persino si tratti di idolatria o sconsacramento dello Shabbat, che sono pilastri della nostra osservanza, non gli si fa alcun danno, ma si lascia che se ne occupi il Bet Din ~ Tribunale Rabbinico.

Il salvare il perseguitato (Nirdaf) dal Rodef ~ persecutore colpendo quest’ultimo vale solo fintanto che il Rodef non abbia ancora compiuto la trasgressione che vuole compiere, ma se ha già trasgredito [e non desidera fare altro ulteriormente], non è permesso colpirlo, ma bisogna giudicarlo in base al Bet Din.

Chiunque avesse potuto salvare il perseguitato (Nirdaf) dal Rodef ~ persecutore colpendolo soltanto e invece l’ha ucciso, è un assassino ed è passibile di pena di morte, ma il Bet Din non sancisce tale pena . Si applica in ogni luogo e tempo, sia per gli uomini che per le donne.

Tra le radici della Mizvàh troviamo che HaShem benedetto ha creato il Mondo e desidera la sua abitazione, e quest’ultima è possibile attraverso la salvezza del debole da chi è più forte di lui. Inoltre gli occhi del perseguitato sono sempre rivolti verso HaShem che lo salvi dalle mani dei suoi persecutori, e per questo supplica dinnanzi ad HaShem, e per questo motivo HaShem ci ha prescritto di salvarlo.

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In memoria di Antonella bat Giuseppina z.l.
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