Le Selichòt nei racconti e nelle drashot
Dal libro "Le Selichòt"
Raccolta di Manuel Piazza O Sed
Le onde del mare e le Selichòt
Nelle Selichòt recitiamo questo verso dei Salmi (89:10): "Nel momento in cui le sue onde s'innalzano Tu le calmi". Il Baàl Shem Tov si domanda: Quale collegamento c'è tra le onde del mare e le Selichòt? La sua risposta è: migliaia di anni fa, durante la creazione del mondo, il Signore definì i limiti del mare, dicendo "Fin qua arriveranno le tue acque, e non oltre", da allora non abbiamo mai visto che le acque superino i suoi limiti. Ed ecco, fin dall'inizio della creazione noi siamo testimoni di un fenomeno impressionante: ogni onda del mare quando si avvicina alla riva cerca d'innalzarsi, prova a superare il limite che gli ha fissato il Signore, come scritto: "le onde s'innalzano". Tuttavia senza successo. Anche se il Signore ha limitato il mare, ad ogni modo le onde cercano di oltrepassare il limite fissato e vogliono arrivare sulla terra ferma. Ogni onda, una dopo l'altra, prova di continuo ad arrivare sulla terra ferma senza mai rinunciarci. Quando si avvicina alla riva s'innalza ma senza successo e si ferma secondo i limiti fissati dall'Eterno, ma subito dopo una nuova onda intraprende in questa avventura e così via. Il Signore loda le onde per questo loro comportamento, loda la loro ostinazione nel provare assiduamente, senza rinuncia. Per questo motivo ricordiamo questo verso dei Salmi proprio nelle Selichòt. In modo da sapere e ricordarci che il Signore è pieno di misericordia ed è interessato a farci del bene anche se non siamo andati nella giusta strada e ci siamo ribellati. Anche se abbiamo peccato e ripetuto il nostro sbaglio, ad ogni modo abbiamo speranza di fare Teshuvà. Tuttavia dobbiamo provare assiduamente a fare la volontà del Signore. E anche se nel percorso ci sono delle cadute non dobbiamo rinunciare, bensì dobbiamo essere ostinati nel provare e riprovare per sempre, senza rinunciare!
(Tradotto dal libro "Tuvecha Iabiu" del Rav Izchak Zilbershtein e Moshè Michael Zuren)
Bilanciamento delle forze
Alla fine del Viddui diciamo: "Sarnu mi-mizvotecha u-mimishpatecha ha-tovìm ve-lo shavà lanu"-"Ci siamo allontanati dal compimento delle tue Mizvòt e dalle Tue giuste leggi e non abbiamo dato loro importanza". Ci sono tre classi di persone: a) Coloro che hanno il pieno controllo sul proprio Iezer ha-rà. b) Esattemente il contrario dei primi: Coloro che il loro Iezer ha-arà li ha sconfitti del tutto, e ha il pieno controllo su di loro. Sono ormai suoi prigionieri. c) Coloro che si trovano in una situazione bilanciata, in ebraico "Ashvaà" (parità). Nel loro percorso hanno salite e discese, a volte sono loro che sconffigono lo Iezer ha-rà, e a volte è lo Iezer ha-rà che li vince. Nel Viddui esprimiamo il nostro sentimento di dolore per il fatto che non ci troviamo più nella situazione bilanciata, nello stato di "Ashvaà" (parità). Il nostro Iezer ha-rà ha è molto forte, e ha il pieno controllo su di noi. Questo è espresso nelle parole del Viddui: "Ve lo shavà lanu". In ebraico "Shavà"(importanza) viene dalla stessa radice di "Ashvaà" (parità), ossia diciamo al Signore: "Ve lo shavà lanu", veniamo constantemente sconfitti dal nostro Iezer ha-rà, abbiamo perso del tutto il nostro bilanciamento.
(Tradotto dal libro "Va-ani Tefillà" del Rav Zadìk, Rabbì Chaiim Zaizik zz"L)
Ricordati che siamo polvere della terra!
Se vogliamo riuscire a superare positivamente il giudizio di Chadosh Baruch Hu nel giorno di Rosh ha-shanà, dobbiamo armarci di un importante consiglio. Questo consiglio è alluso nella Tefillà dei Iamim Noraim, nell'Avinu Malkenu: "Zchòr ki afar anachnu !" (Ricordati che siamo polvere della terra!). Se nel corso di un processo in tribunale si verificasse che il querelato in questione è la "polvere della terra", sicuramente il processo si interromperebbe immediatemente. Infatti non è possibile condannare la "polvere della terra". Non è possibile fare un processo alla "polvere della terra". Senza dubbio i giudici si rivolgerebbero al querelatore dicendo : "Perchè hai portato la polvere della terra in tribunale? Non lo sai che non è possibile processarla?". Lo stesso vale anche per ciò che riguarda il Tribunale del Signore: non è possibile processare la polvere della terra. Quindi se una persona è umile e fa di se stesso polvere della terra, non potrà essere processato; e come risultato di ciò supererà positivamente il giudizio del giorno di Rosh ha-shanà.
(Tradotto dal libro "Netivè Or" del Rav Zadìk Rabbì Nissim Yaghen zz"l)
Mi sono dimenticato
Il Rav Zadìk, Rabbì Nissim Yaghen zz"l racconta che una volta era ospite a casa di una famiglia a Los Angeles. Israel, uno dei bambini del padrone di casa voleva andare alle Selichòt, ma i suoi genitori preferirono non svegliarlo affinchè potesse recuperare le ore di sonno che gli mancavano. La notte successiva però il Rav disse al padrone di casa che forse era il caso di portare con loro anche il piccolo Israel affinchè non si rattristasse. Il papà accettò e il bambino appena fu svegliato si sbrigò a vestirsi, e uscì assieme a loro. Durante le Selichòt il Rav rivolse il suo sguardo in direzione del bambino che da tempo aspettava quel momento. Il Rav era stupefatto: il bambino sedette in silenzio dall'inizio fino alla fine delle Selichòt, senza dire nemmeno una parola! Dopo che conclusero le Selichòt il Rav si rivolse al bambino e gli chiese: "Israel, dimmi la verità hai detto le Selichòt?". La rispostà del bambino non tardò: "No. Mi sono dimenticato di recitare le Selichòt". Il Rav era felice che il bambino non avesse mentito, tuttavia in cuor suo pensò: "Non è un peccato? Voleva così tanto venire alle Selichòt, ha pianto fiumi di lacrime per venire al Beth ha-chneset, si è svegliato in mezzo alla notte, si è vestito con solerzia, e poi si è dimenticato di recitare le Selichòt,per quale ragione è venuto? È ridicolo!" Tuttavia subito dopo il Rav pensò: "Anche noi ci comportiamo allo stesso modo: veniamo al Beth ha-chneset e recitiamo le Selichòt. Ma la mizvà della Teshuvà l'abbiamo fatta? La Teshuvà abbiamo dimenticato di farla... è ridicolo!"
(Tradotto dal libro "Netivè Or" del Rav Zadìk Rabbì Nissim Yaghen zz"l)
Poveri di Mizvòt...
All'inizio delle Selichòt recitiamo: "Berachamecha ha-rabim banu lefanecha, ke-dalim u-crashìm dafaknu delatecha" (Preghiamo di fronte a Te per risvegliare la Tua misericordia. Poveri di Mizvòt come un povero che chiede carità alle porte delle case, richiediamo il tuo aiuto). Il Maghid di Duvna spiega questo passo delle Selichòt attraverso la seguente allegoria. Un giorno il re decise di andare a visitare una delle tante città del suo regno. Gli abitanti, appena vennero a conoscenza della notizia, si affrettarono ad addobbare la città: pulendo e ordinando le strade, continuavano le preparazioni della città. Nel giorno fissato il re arrivò con il suo magnifico carro e la sua cavalleria, accompagnato dai suoi cavalieri. Gli abitanti lo aspettavano in fila alle porte della città. Il re fu molto felice dell'accoglienza ricevuta. In seguito i capi e i ministri della città salirono sul palcoscenico assieme al re. Allora, uno dopo l'altro, gli abitanti più ricchi della città presentarono al re preziosi regali. Uno gli donò una coppa d'ora, il secondo un anello prezioso, e così via. Improvvisamente, davanti agli occhi stupiti del pubblico, un povero della città si fece strada tra la gente e richiese di presentarsi di fronte al re. Arrivato dal re, gli diede in regalo un semplice vaso d'argilla. "Cos'è?" chiese il re con stupore. "Questo è forse un regalo per me?" chiese ancora il re. Allora rispose il povero: "Si. Io sono un uomo molto povero, non ho nemmeno i soldi per mangiare, tuttavia in tuo onore ho messo da parte qualche spicciolo e ho comprato per te questo vaso d'argilla. Mio signore, questo è il regalo più importante di tutti gli altri. Infatti i ricchi del villaggio non ne sentono nessuna mancaza quando ti donano un oggetto prezioso, invece io attraverso questo regalo ti ho donato tutto quello che ho. Per questo motivo era per me importante presentarmi di fronte a te affinchè tu potessi vedere la mia situazione economica e allora capire quanto è importante questo regalo." Così anche nel nostro caso, spiega il Maghid di Duvna: noi ci presentiamo di fronte all'Eterno e gli serviamo le poche Mizvòt che abbiamo compiuto. Ci presentiamo "poveri di Mizvòt come un povero che richiede carità alle porte". Tuttavia richiediamo al Signore che faccia attenzione alla nostra situazione: le generazioni precedenti a noi erano santi come 7 "Malachìm", mentre noi siamo più materialisti di loro, siamo anche occupati nelle difficoltà della 8 parnasà, e inoltre i popoli che ci circondono ci rendono la vita difficile attraverso i loro decreti. Per questo motivo anche se le nostre Mizvòt sono poche tuttavia sono importanti come il regalo di quel povero.
(Tradotto dal libro "Elle hem Moadè" del Rav Iosef Israel Borenshtein)
Rav Chaim di Vologin
Una volta, nella yeshivà di Vologin, durante le Selichòt, il Rosh Yeshivà Rav Chaim di Vologin perse conoscenza. Gli allievi della yeshivà corsero immediatemente in soccorso del loro maestro. Quando il Rosh Yeshivà riprese conoscenza, i suoi alunni gli chiesero cosa era successo, se si sentisse poco bene e se per caso avesse bisogno di un dottore. Il Rosh Yeshivà rispose: “No, non ho bisogno di nessun dottore. Il motivo del mio malessere deriva dalla seguente frase che abbiamo pronunciato nelle Selichòt (nel rito Ashkenaz): “Ezrà haSofer ha detto di fronte a Te, mio Signore: ‘Mi sono molto vergognato nell’alzare a Te il mio viso’”. Mentre recitavamo le Selichòt, quando sono arrivato a questo paragrafo ho pensato: se Ezrà haSofer ha detto che dalla vergogna non poteva alzare il suo viso, cosa potrò dire io?! Per questo sono svenuto.
(Tradotto dal libro "Èlle hem Mo‘adài" di Rav Iosef Israel Borenshtein)
ll grande valore del Viddùi
Beato l'uomo che percorre la giusta via, che decide di recitare il Viddùi e di compiere la mitzvà della Teshuvà. È scritto nella Parashà di Acharè Mot (Vaiqrà 16:21): "Aharòn poserà entrambe le mani sulla testa del capro vivo, confesserà su di lui tutti i peccati dei figli d'Israele...". Riguardo a questo verso è insegnato nel Talmud Yerushalmì (Shevu‘òt 6: 5): 'Ha detto Rabbì Tanchumà a nome di Resh Lakìsh: nel momento in cui il Signore comandò a Moshè Rabbènu la mitzvà del Viddùi, come è scritto: "confesserà su di lui", Moshè Rabbènu cominciò a recitare il Salmo, "Mizmòr letodà" (il salmo del ringraziamento). C’è un aspetto apparentemente molto strano in questo insegnamento: qual è il collegamento tra il Viddùi, che deve essere recitato con tremore e timore, e il Salmo "Mizmòr letodà", attraverso il quale si esprimono sentimenti di gioia e felicità? La risposta è che Moshè Rabbènu conosceva il grande valore del regalo che ci ha donato il Signore che è la mitzvà del Viddùi, e per questo motivo recitò il Salmo "Mizmòr letodà", esprimendo così il suo sentimento di gioia per questa mitzvà attraveso la quale è possibile espiare le proprie colpe. Inoltre, Moshè espresse anche la sua grande gioia per la mitzvà della Teshuvà, che si basa soprattutto sul libero arbitrio dell'uomo nel suo percorso di ritorno al Signore .
(Tradotto dal libro "Vaanì Tefillà" del Rav eTzadìk, Rabbì Chaim Zaizik zz"l)
Non ti dimenticare di accendere il fuoco!
Attraverso il prossimo mashàl impareremo bs"D un importante particolare delle Selichòt: c'era una volta una donna che un giorno decise di prepare per suo marito una sorpresa: una minestra molto saporita. La donna si alzò di buon mattino, andò al mercato e comprò la carne e le verdure. Quando tornò a casa si mise subito a lavoro: tagliò la verdura, condì la carne con sale, pepe, olio ecc. Ormai mancava soltanto aspettare la fine della cottura e come risultato di ciò i complimenti del marito che sicuramente avrebbe gioito del pasto. La sera, quando il marito tornò a casa, la donna gli annunciò che gli aveva preparato una sorpresa. La donna si avvicinò alla pentola e quando aprì il coperchio ebbe una grande delusione: vide che la carne e le verdure erano ancora crude come nel momento in cui aveva messo la pentola sui fornelli. La zuppa non era cotta per niente! Per quale motivo? Semplice, la donna aveva preparato tutto, tuttavia si era dimenticata di accendere il fuoco! Il marito che era rimasto senza cena, cominciò ad irritarsi. Allora la donna gli disse: "Che vuoi da me? Ho preparato tutto appositamente per te, tutto come piace a te, ho lavorato ore ed ore per questo pasto. Mi sono dimenticata soltanto un particolare, accendere il fuoco, cosa è mai successo di così grave?" La donna sicuramente è in torto e tutte le sue fatiche sono vane, poiché alla fin fine suo marito è rimasto senza cena! . Questa è precisamente la nostra situazione. Da Rosh Chodesh Elul cominciamo le preparazioni: suoniamo lo Shofar, recitiamo le Selichòt. Il nostro 12Iezer Arà ci lascia a piede libero, ci dà la possibilità di fare tutto ciò che vogliamo senza infastidirci, poichè per lui in questo momento è importante farci dimenticare di accendere il fuoco, ossia, di accendere la scintilla della 13Teshuvà! Poichè recitare le Selichòt senza compiere la Mizvà della Teshuvà non ha nessuna utilità!
(Tradotto dal libro "Netivè Or" del Rav Zadìk Rabbì Nissim Yaghen zz"l)
La verità e il Viddui
Il Rav Rabbì Arie Leviin zz"l, tra le svariete azioni di Chesed di cui si occupava, andava anche nelle prigioni a riportare nella giusta strada i detenuti. Una volta il presidente del tribunale superiore degli Stati Uniti si trovava qui in Israele nella cerimonia di liberazione dei detenuti. Il presidente del tribunale si rivolse ad uno dei detenuti e gli chiese: "Dimmi una cosa: Sei sicuro che quando uscirai dalla prigione non ruberai di nuovo?" Il detenuto sorpreso dalla domanda non aspettata, pensò qualche secondo e poi rispose: "Mi è bastata la lezione. Io credo che quando uscirò di qui, non ruberò più, tuttavia una sola volta ancora ruberò" Il presidente gli chiese di spiegarsi meglio. Allora il detenuto rispose: "Il Rav che viene a parlare qui con noi, Rabbì Arie Leviin, non ha l'orologio, prima che farò Teshuvà mi impegnerò a compargliene uno, e se non avrò i soldi per farlo, ruberò un'altra sola volta e poi basta..." Il presidente del tribunale americano stupefatto, capì dalle parole del detenuto quanto quest'ultimo ammirasse il Rav. Quindi volle incontrare il Rav per chiedergli quale fosse il segreto del suo successo nel far fare Teshuvà ai detenuti. Quando i due s'incontrarono, il Rav gli disse: "Conosco bene queste persone e so che in una fase iniziale non sono pronti a mettere in atto tutta la Torà. Quindi li educo a mettere in atto una sola mizva: dire la verità. Gli insegno che devono dire la verità a tutti i costi, anche in una situazione spiacevole. Infatti se una persona si abitua a dire constantemente la verità, e sa che è obbligato a dire soltanto la verità, allora non ruberà, poiché sa che se verrà preso dovrà confessare tutta la verità, e ciò non è piacevole, per questo non gli sembra che valga la pena rubare..." * Possiamo studiare da questo racconto un insegnamento per ognuno di noi. Se una persona si abitua a dire sempre la verità, soltanto la verità, e sa che non ha altra via di scampo, allora farà attenzione a non compiere nessuna trasgressione. E questo potrebbe essere il motivo del grande Viddui che si recita a Yom Kippur. Se una persona sa fin dall'inizio che dopo che ha compiuto una trasgessione dovrà confessarla di fronte al Signore nel Viddui, allora non ne compierà altre...
(Tradotto dal libro "Tuvecha Iabiu" del Rav Izchak Zilbershtein e Moshè Michael Zuren)
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