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LE FASI DELLA GHEULLÀ (REDENZIONE D’ISRAELE)

Donato Grosser





Uno dei princìpi enunciati dalla Torà e dai profeti è che alla fine

dei giorni il popolo ebraico tornerà in Erez Israel, sarà governato

da un discendente di re Davide (il re Mashìach) e il Santuario di

Gerusalemme verrà ricostruito.


La halakhà del Maimonide sul Mashìach

A questo proposito il Maimonide nei suoi scritti1 afferma che:


1. Il Mashìach si rivelerà in Eretz Israel2.

2. Obbligherà tutto il popolo d’israele ad osservare la Torà.

3. Combatterà le guerre del Signore.

4. Costruirà il Bet Ha-Miqdàsh.

5. Raccoglierà i dispersi d’Israele.


Il Maimonide non dice chi sarà il discendente di re Davide (e

apparentemente anche scoraggia a farlo). Dà però dei criteri per

poterlo riconoscere. Da ciò deriva che il candidato che non

soddisfa questi criteri non è l’atteso discendente di re Davide.


Nella Seconda Rivolta contro i romani, durante il regno

dell’imperatore Adriano, Ben Koziva (Bar Kokhbà) aveva

combattuto, inizialmente con grande successo, “Le guerre del

Signore”. Per un certo periodo rabbi Aqivà e altri Maestri

ritennero che fosse il re Mashìach. Dal momento che morì senza

completare quello che aveva iniziato, fu dimostrato che avevano

errato e che aveva perso anche la potenzialità di Mashìach che gli

avevano associato mentre era in vita. Dopo la sua morte nessuno

continuò a sostenere che Bar Kokhbà fosse stato il re Mashìach e

che dopo morto, sarebbe risorto. (Da qui anche il nome Koziva –

da Kazàv, shéqer we-kazàv, falsità e delusione)


L’insegnamento del rebbe di Lubavitch sul Mashìach

Nel corso della sua lunga e produttiva vita, il rebbe di Lubavitch,

Menachem Mendel Schneerson zz’l (1902-1994), ebbe l’occasione

di fare numerosi discorsi sull’argomento della Gheullà. In queste

occasioni più di una volta fui presente quando il Rebbe spiegò le

halakhòt del Maimonide (nel Mishnè Torà, Hilkhòt Melakhìm, cap.

11) alludendo anche ad altre fonti che negli ultimi anni sono state

spesso ignorate.


In una lettera datata 21 Menachem Av 5728 (1968), quando

il Rebbe aveva sessantasei anni ed era nel pieno delle sue facoltà

intellettuali, scrisse quanto segue (la traduzione è mia):


“... Così troviamo che anche l’argomento in discussione è stato

formulato in modo succinto dal Grande Maestro, il Maimonide,

che non era solo la Guida dei Perplessi della sua generazione, ma

anche dei perplessi di tutte le generazioni. Nel suo codice Yad

Chazaqà, egli descrive in modo breve ma altamente significativo

quale sarà la situazione dell’ultimo periodo dell’Esilio e di come

seguirà la Redenzione. Citerò quello che afferma traducendo il

testo in inglese, con delle interpolazioni per rendere il testo più

chiaro, con qualche osservazione introduttiva e cioè che è stato

ampiamente spiegato nella Torà scritta e in quella orale che la

Redenzione arriverà per mezzo del re Mashìach, come anche

afferma il Maimonide, in modo semplice e come cosa ovvia,

nell’ultima sezione del suo codice, intitolata Hilkhòt Melakhìm,

che ne funge da conclusione. In questa sezione all’inizio

dell’undicesimo capitolo, egli afferma che il re Mashìach porterà

la Redenzione, e alla fine del capitolo descrive con molta

attenzione l’ordine degli eventi. E dal momento che questo non

è un libro di filosofia ma un codice di leggi, i termini usati sono

stati scelti con grande attenzione e in modo preciso senza

polemiche o oratoria. Così afferma nel quarto paragrafo:


E quando arriverà un Re della casa di David, dedicato allo

studio della Torà e all’osservanza delle mizwòt come suo

padre David, seguendo la Torà scritta e quella orale, e che

obbligherà tutto il popolo ebraico a seguirla e a

rafforzarne le siepi, e combatterà le guerre dell’Eterno,

si presumerà che egli sia il Mashìach. (Nota che questo non

è ancora un segno (certo) della Redenzione, perchè tutto questo

può avere luogo in una situazione di esilio. Tuttavia) Se ha

fatto tutto questo ed ha avuto successo (nelle cose sopra

menzionate, cioè avendo vinto tutte le battaglie e avendo

obbligato tutto il popolo ebraico a studiare la Torà e a

rafforzarne le siepi, non siamo ancora sicuri e abbiamo bisogno

di un altro segno, cioè) e costruito il Bet Hamiqdash al suo

posto ( - chiaramente nella città santa di Gerusalemme,

indicando che ci sarà una grande popolazione ebraica in quella

città, tuttavia non siamo ancora certi della fine dell’esilio, per

cui un altro fattore deve essere soddisfatto, cioè) e raccoglie

i dispersi d’Israele - allora egli è certamente il

Mashìach...”.


Inoltre in due discorsi dati nel 1978 e nel 1981 (riassunti in Liqutè

Sichòt, Vol. 17, p.514-8) il Rebbe aggiunse che la città di Safed

aveva una particolare affinità (shayachùt) alla venuta dMashìach

perché la rivelazione del re Mashìach avverrà nella terrà

della Galilea3.


In un’altra lettera del 28 Menachem Av 5707-1947

(pubblicata in Liqutè Sichòt Vol. 23, p. 394), il Rebbe, spiegando

il Maimonide, scrisse che le guerre di Gog e Magog avranno luogo

sui monti d’Israele o nei dintorni di Gerusalemme e che la vittoria

del Mashìach in queste guerre avverrà dopo che si rivelerà come

tale.


Nella sua succitata lettera del 1968 il Rebbe concluse:


“... Certamente non sono necessari altri commenti. Desidero solo

aggiungere un punto significativo, e cioè che questa decisione e

regola del Maimonide non è contestata da nessun decisore.

Perfino l’autore dello Shulchàn ‘Arùkh, che scrisse un commento

al Maimonide, il ben noto Kesef Mishnè, che tratta anche questo

capitolo, non ha nulla da dire, e lo accetta completamente. Così

pure non vi sono altri decisori che dissentono. Certo esistono

varie omelie e riferimenti e allusioni al periodo della Redenzione

nella Aggadà e nel Midràsh ecc., ma queste sono omelie e non

influiscono sulla Halakhà pratica. Anche nella Halakhà troviamo

certe differenze di opinioni su questioni varie, nella Mishnà e

nella Ghemarà, ma una volta che è stata raggiunta la decisione

finale e il Pesàq Din, è valida per tutti senza questioni.


È chiaro dal sopracitato Pesàq Din del Maimonide che

prima che avvenga la raccolta degli esiliati e la costruzione del

Bet ha-Miqdàsh al suo posto, vi deve essere un ritorno pieno e

completo alla Torà e alle mizwòt mentre gli ebrei sono ancora in

Esilio, e questo è il preludio e la preparazione per la Redenzione.


Mi rendo conto del fatto che ci sono molte persone che

vogliono basarsi su questo o su quel detto dei Maestri, nel

Trattato Sanhedrin o nel Talmud Yerushalmi e fonti simili, al fine

di fondare su di essi le proprie opinioni, ma mi ha sempre

meravigliato la mancanza di coerenza di queste persone in

relazione al loro approccio. Certamente il Maimonide conosceva

nello stesso modo quei detti dei Maestri in Sanhedrin o nello

Yerushalmi ecc., e ne capiva il significato almeno tanto quanto

le persone che li citano. L’incoerenza consiste nel fatto che

proprio queste persone esaminano molto meticolosamente ogni

parola ed espressione negli altri scritti del Maimonide e le

studiano con timore reverenziale. Tuttavia quando si tratta di

questo semplice e diretto Pesàq Din del Maimonide, lo ignorano

completamente.


Il motivo per cui mi sono dilungato nel rispondere alla Sua

lettera (anche se questa lunghezza è molto breve in

considerazione dell’argomento in discussione) è che trovo

semplicemente penoso vedere come siano fuori luogo le

preoccupazioni di certe persone di buone intenzioni. Invece di

dedicarsi completamente, ebrei vecchi e giovani, uomini e donne,

a ridurre e a eliminare del tutto le cause che ci hanno portato

l’Esilio, cioè mipnè chataenu - “per via dei nostri peccati siamo

stati esiliati dalla nostra terra” e questi peccati sono

chiaramente spiegati nello Shulchàn ‘Arùkh - ci sono molti ebrei,

senza dubbio con buone intenzioni, che usano tutta la loro

energia e la loro influenza a trovare tutti i tipi di mezzi e

maniere di umana invenzione per arrivare alla fine dell’Esilio.

Questo è doppiamente penoso perché, in primo luogo, è

semplicemente un’illusione da parte di certi ebrei credere che

ci possa essere una via alla Redenzione diversa da quella

specificata dall’Eterno, e in secondo luogo, mentre si è occupati

in altri modi e maniere nel futile sforzo di portare alla fine dell’Esilio,

non possono dedicarsi completamente alla vera

battaglia contro l’Esilio in termini del Pesàq Din del Maimonide.


Possa l’Eterno fare sì che ognuno di noi insieme con il

resto del popolo d’Israele riceva una vera ispirazione celeste per

andare nelle vie della Torà e per riparare le sue siepi, perchè è

proprio questo che preparerà la strada perché il Mashìach possa

mettere in pratica le condizioni necessarie per portare alla piena

e completa Redenzione. Con benedizioni,

(Firmato) M. Schneerson


La conclusione del Maimonide

Nell’ultimo paragrafo delle Hilkhòt Melakhìm il Maimonide

conclude con un messaggio di consolazione e di speranza:


Nei giorni del re Mashìach quando il suo regno sarà

consolidato e si raccoglierà attorno a lui tutto Israele...

non vi sarà né fame, né guerra, né invidia, né

concorrenza, perché vi sarà abbondanza di ogni bene, ...

e tutto il mondo non si occuperà altro che di conoscere le

vie del Signore... I nostri Maestri non aspirarono a

raggiungere i giorni del Mashìach per dominare il mondo,

né per governare i gentili, né affinché le genti dessero loro

la preminenza, né per mangiare, bere e gioire, ma per

essere liberi (di occuparsi) di Torà e della sua scienza

senza oppressori e impedimenti, per poter meritare il

Mondo Futuro come abbiamo spiegato nella (sezione delle)

regole (sulla) Teshuvà.


Che sia volontà divina che possiamo tutti meritare di vivere

durante i tempi della Gheullà.


1 Mishnè Torà, Hilkhòt Melakhìm, Cap 11.

2 Il Natziv nel suo commento ‘Emeq Ha-Natziv al Midrash Sifrì

(Bemidbàr, pisqà 14) dove è detto “Tra i tuoi fratelli e non al di fuori della

Terra”, scrive: Il Re non deve trovarsi al di fuori della Terra (d’Israele), ma è

obbligato ad abitare in Eretz Israel; e nella toseftà di Sanhedrin (Cap. 4) vi è

una baraytà che afferma “Non si nomina un Re al di fuori della Terra

(d’Israele)”.

3 Il Maimonide stesso nella lettera agli ebrei dello Yemen, Igghèret Teman,

scrive che “Il Mashìach sorgerà proprio in Eretz Israel ed è lì che inizierà a rivelarsi”.


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