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LA NUOVA EDIZIONE IN ITALIANO DEL SÈFER CHAFÈTZ CHAYÌM


Il sèfer Chafètz Chayìm sulle “Regole sulla Maldicenza” è un lavoro di importanza tale che il suo Autore, che pure scrisse altri testi di grande importanza per la vita ebraica, è passato alla storia grazie al titolo di esso, al posto del proprio nome: Chafètz Chayim. È noto che spesso nella letteratura rabbinica si adoperano citazioni dal Tanàkh come titoli, che ci rimandano al contesto originario. Chafètz Chayìm sono due parole del capitolo 34 dei Tehillìm, in cui il re David si pone la domanda: “Chi è l’uomo desideroso della vita (Chafètz Chayìm), che desidera lunghi giorni per essere felice? Preserva la tua lingua dal male e le tue labbra dal pronunciare parole di frode”.

Il Midràsh narra di un ambulante che girava e annunciava: “Chi vuol comprare l’elixir della vita?” Rabbì Yannai, che studiava Torà seduto lì accanto, si rivolse all’ambulante: “Vendimi l’elixir”. Gli rispose: “Tu e tutti quelli come te non ne hanno bisogno”. Tuttavia R. Yannai insistette e allora l’ambulante estrasse il Libro dei Tehillìm e gli mostrò il versetto. Disse R. Yannai: “Tutta la vita ho letto questo verso e non mi sono accorto quanto fosse facile da mettere in pratica. Finché venne questo ambulante e me lo fece vedere” (Wayiqrà Rabbà,16:2). Che cosa apprese di nuovo R. Yannai dall’ambulante? Se una persona osserva il precetto di “non parlar male degli altri” che è in realtà così difficile da eseguire, certamente riuscirà ad osservare tutte le mitzwòt e quindi a guadagnarsi l’elixir della vita!

In tutti i cinque libri della Torà ci viene comunicato quanto è grave la maldicenza. Nel libro di Bereshìt leggiamo la storia di Yossef e dei suoi fratelli: tutto cominciò nel momento in cui Yossef “parlava male dei suoi fratelli al padre”. Nel libro di Shemòt è scritto che Moshè dovette fuggire dalla corte del Faraone dopo che si era risaputo che aveva ucciso l’Egiziano. Nel libro di Wayiqrà si parla della Tzara’at con cui vengono colpiti i maldicenti. Nel libro di Bemidbàr leggiamo l’episodio degli esploratori. Avendo parlato male della Terra d’Israele scoraggiarono il popolo che fu condannato a peregrinare nel deserto per 40 anni. Nel libro di Devarìm, infine, è scritto: “Maledetto colui che colpisce il suo prossimo di nascosto”. Spiegano i nostri Maestri che la malalingua è peggio di un danno fisico anche se questo al momento fa più male. Chi riceve un colpo infertogli se ne accorge subito: chi invece è vittima della leshon ha-ra’ può invece rimanerne all’oscuro per moltissimo tempo e non sapere di doversi difendere.

Il Talmud (‘Arakhìn, 15b) insiste molto sul fatto che la maldicenza è non meno grave delle tre trasgressioni capitali dell’idolatria, dell’omicidio e dell’incesto (p. 13). Eppure è spesso trascurata anche da persone che fanno professione di osservare puntigliosamente le mitzwòt. Nell’opera del Chafètz Chayìm viene più volte ricordato ciò che scrive la Torà onde evitare la trasgressione: be-tzèdeq tishpòt ‘amitèkha (“Giudica sempre il prossimo favorevolmente”, Wayiqrà 19:15, nell’interpretazione del Talmud Sanhedrin 32a – p. 43, 71,75).

Vorrei concludere con un’altra citazione, che mi sembra particolarmente significativa. Nel brano con cui introduceva la Tefillàt Shachrìt, R. Eli’ezer di Lizensk, il discepolo del Ba’al Shem Tov fondatore del Chassidismo, diceva: “Ispiraci affinché ognuno di noi veda le buone qualità dei nostri simili anziché i difetti” (Alberto Moshe Somekh).


1 Rav Israel Meir Kagan, Sèfer Chafètz Chayìm, Le regole della maldicenza

(Milano, Ed. Morashà, 2015), pp. 146. Traduzione e note di Donato Grosser.

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