La Mizvà dei lumi dello Shabbat
da "Perle di Torà" di rav Immanuèl Piazza
La Mizvà dei lumi dello Shabbat
Fare una particolare attenzione a questa Mizvà
Nel Talmud (Shabbat pag.31b nella Mishna) è scritto: "Ha causa di tre motivi le donne muoiono durante il parto: poiché non fanno attenzione a Niddà; alla Challà; e all'accensione dei lumi dello Shabbat".
Domanda: Per quale ragione la Mishnà ha scelto proprio questo ordine: Niddà, Challà, e accensione dei lumi?
Risposta: I Maestri utilizzano un ordine cronologico dal più grave al meno grave, per insegnarti che le donne possono perdere la vita durante il parto challila non solo nel caso in cui non fanno attenzione alle regola della Niddà, la cui sua punizione è molto grave, il "Karèt", bensì ciò può accadere persino se non fanno attenzione alle regole dell' "Afrashat Challà", la cui punizione non è il "Karet".
Inoltre possono perdere la vita durante il parto non solo nel caso in cui non mettono in atto le regole dell' "Afrashat Challà" che nella terra d'Israele è un precetto comandato della Torà, bensì ciò può accadere persino se non fanno attenzione all'accensione dei lumi dello Shabbat, che è una mizvà comandata dai Maestri z"l94.
94 "Mosif Chaiim", commento alla Mishna di Rabbi Yosef Chaiim zZ"l (Ben Ish Chai)
Due lumi dello Shabbat in corrispondenza delle membra del corpo
È scritto nel Talmud (Chaghiga pag.13a): "La distanza tra la terra e il "Rakkìa"95 è di 500 anni (832656.25 km, vedi nella nota)".
Studiamo da questo passo del Talmud che l'altezza del mondo è di 500 anni.
Domanda: Per quale ragione il Signore ha creato il mondo con questa struttura?
Risposta: In questo modo il Signore ci vuole insegnare che il mondo ha esistenza per il merito della Mizvà della "Prià Urvià", la riproduzione, in altre parole grazie al merito dell'unione di marito e moglie, come scritto (libro di Yeshaia cap.45, v.18): "Quando il Signore ha creato la terra, non aveva l'intenzione che rimanesse vuota, bensì l'ha creata affinché ci risiedesse l'umanità".
E ciò si studia dal fatto che le membra del corpo dell'uomo sono 248 (Oalòt, cap.1, mishnà 8), mentre le membra del corpo della donna sono 252 (tb Bechorot pag. 45a), insieme formano il totale di 500. Esattamente come la distanza esistente tra la terra il "Rakkia".
Per questo motivo si accendono proprio due lumi dello Shabbat, poiché in ebraico il valore numerico della parola Ner (lume) è 250, moltiplicandolo per due (ossia due lumi che si accendono), abbiamo 500, precisamente il totale che si forma con l'unione dell'uomo e la donna96.
Il lume dello Shabbat ha la precedenza rispetto al lume di Chanukkà
Nell'halakhà è scritto che il lume di Shabbat ha la precedenza rispetto a quello di Chanukkà, poiché è un lume di Shalom per la casa.
Si può spiegare che dal punto di vista del valore numerico, il lume di Shabbat è superiore 613 volte al valore numerico del lume di Chanukkà.
Infatti lo Shabbat ha la stessa importanza di tutte le 613 mizvòt. Inoltre il lume dello Shabbat ha un forte legame con lo Shalom (serenità in questo caso, perché attraverso il lume dello Shabbat si ha il vantaggio di non si inciampare. Tutto il corpo (che viene definito "casa" dalla Mistica) ha un godimento diretto dal lume. E il corpo stesso è formato da 248 membra e 365 nervi, ciò equivale al valore numerico di 613.
Ciò che non si può dire riguardo al lume di Chanukkà, che è proibito avere un godimento dalla sua luce, ossia è proibito utilizzarlo per non inciampare. Quindi nessun membro del corpo ha piacere da questo lume e quindi gli manca il valore di 613.
Per questo motivo il lume di Shabbat precede il lume di Chanukkà97.
Accendere i lumi in tempo
Rabbì Moshè Fainshtein fu un grande Posèq. Da tutto il mondo gli venivano poste domande di Halakhà, famoso anche per la sua opera "Igròt Moshè", in cui sono messe per iscritto le sue risposte di Halakhà.
Per anni, ogni vigilia dello Shabbat, la sua vicina, una donna anziana, usava telefonare a rav Moshè Fainshtein per chiedergli sempre la stessa domanda: "A che ora si accendono oggi i lumi dello Shabbat?".
Il Rav anche se era impegnato nel suo studio e occupato a rispondere alle urgenti e importanti domandi di Halakhà che gli venivano poste da tutto il mondo, ad ogni modo rispondeva alla donna anziana sempre con pazienza e gentilezza, concludendo la chiamata con la benedizione di "Shabbat Shalom".
Tutto ciò per molti anni...
Rabbì Avraham "Beruchim" era uno degli alunni dell'Arì l.
"Beruchim" che in ebraico proviene dalla radice "baruch", benedizione, non era il suo vero nome, bensì il suo soprannome.
Infatti ogni vigilia dello Shabbat, prima del tramonto, usava girare tra le case della sua città e avvertiva che era arrivato il tempo per accendere i lumi dello Shabbat.
"Recitate la benedizione sui lumi! Recitate la benedizione sui lumi", usava dire.
Quindi da allora lo chiamarono "Beruchim"...98
Figli saggi
Nel Talmud è scritto: "Ha detto Rav Unà: Chi accende abitualmente un bel lume dello Shabbat, riceve come ricompensa figli Talmidè Chachamim".
Se il figlio sarà abituato a vedere costantemente, ogni Shabbat a sera, che i lumi dello Shabbat sono accesi tutta la notte, e il papà studia Torà fino a tarda notte, nonostante sia stanco del lavoro della settimana, allora il figlio avrà buona impressione del suo esempio e ne avrà una buona influenza, fintanto che lo studio della Torà sarà più caro ai suoi occhi, aumenterà in lui il desiderio di diventare un Talmid Chachàm e s'infiammerà in lui la volontà di sacrificarsi e di sfruttare tutte le sue doti nello studio della Torà e nel servizio dell'Eterno99.
Ricompensa
Rav Aharon Shmuel Koidnover fu uno dei più grandi Talmidè Chachamim dell'epoca. Compose svariati libri tra cui anche "Birkat haZevach".
Si racconta che sua madre era una donna semplice, non sapeva nemmeno recitare le Tefillòt. Tuttavia dopo l'accensione dei lumi dello Shabbat, alzava le mani in alto e pregava all'Eterno nella sua lingua, il russo: "Sia fatta la Tua volontà che mio figlio Shmuèl diventerà un Talmìd Chacham (saggio e studioso di Torà)".
Preparare i lumi (a)
Rav Chayim Izchaq Pupka era uno degli alunni del Chafez Chayim.
Una volta, alla vigilia di Shabbat, era a casa del suo maestro, e vide che il Chafez Chayim era impegnato nel preparare i candelabri dello Shabbat.
Rav Chayim Izchak Pupka si propose di aiutarlo, ma subito la moglie del Chafez Chayim gli disse:
"Dal momento che si tratta di una mizvà che spetta a lui, nemmeno a me concede di prepapare i candelabri, figurati se te lo concenderà a te..."
Rabbì Shimon Sofer, nipote del "Chatam Sofer", e figlio del "Ktav Sofer", scrisse svariati libri tra cui "Ittorerùt Teshuvà".
ll venerdì mattina dopo la Tefillà di Shachrìt, ancora avvolto nel Tallit e nei Tefillin, tornava a casa e già preparava i lumi dello Shabbat per sua moglie100.
Preparare i lumi (b)
Nel Talmud (Shabbat pag.31b) è scritto: "Ha causa di tre motivi le donne muoiono durante il parto: poiché non fanno attenzione a Niddà; alla Challà; e all'accensione dei lumi dello Shabbat".
Dobbiamo porgerci una domanda: perché la Mishnà riguardo ai lumi sottolinea dicendo "accensione dei lumi dello Shabbat" e non è scritto soltanto "i lumi dello Shabbat ", come riguardo agli altri due elementi, riguardo al quale è scritto soltanto Niddà e Challà?
Bensì la Mishnà attraverso la parola "accensione" ci vuole insegnare che la donna ha solo l'obbligo di accendere i lumi, mentre l'uomo ha l'obbligo di prepararli101 .
I lumi di Shabbat un obbligo
É scritto nel Talmud (Shabbat 25b): "Ho dimenticato i giorni della pace..."(Meghillà di Echà 3:17), ha detto Rabbi Abau: da questo verso studiamo che l'accensione dei lumi dello Shabbat è un obbligo".
I Maestri insegnano che il non vedente non prova piacere in ciò che mangia dal momento che non vede il cibo. Così anche gli appartenenti alla generazione del deserto per quarant'anni non provarono piacere nel mangiare la manna, anche se nel mangiarla potevano provare il sapore di ogni cibo che volevano. E ciò a causa del fatto che non vedevano di fronte a loro il cibo di cui provavano il sapore.
Di Shabbàt si saluta dicendo: "Shabbat Shalom (pace)", per quale motivo?
É risaputo che durante il corso della settimana se una persona mangia sovrappiù, non c'è pace tra il corpo e la Neshamà (l'anima), poiché il corpo ha piacere nel mangiare il sovrappiù, mentre la Neshamà ne soffre. Tuttavia durante lo Shabbat dal momento che mangiando il sovrappiù si compie la Mizvà dell'Ònegh Shabbat (avere piacere dello Shabbat), allora anche la Neshamà ne ha piacere. Risultato di ciò: c'è pace tra il corpo e la Neshamà, per questo diciamo, Shabbat Shalom (pace).
Tuttavia se una persona mangia al buio senza un lume, non si ha piacere e non c'è più Onegh Shabbat, e quindi la Neshamà ne soffre e quindi non c'è più la pace tra la Neshamà e il corpo.
Adesso è chiaro per quale motivo il Talmud studia dal verso: "Ho dimenticato i giorni del pace", l'obbligo di accendere il lume dello Shabbat. Infatti questo verso si trova nella Megillà di Echà, nella quale vengono descritte le sofferenze del popolo d'Israele durante la distruzione del secondo Santuario. Tra i vari decreti dei romani contro gli ebrei, c'era anche quello di non accendere i lumi dello Shabbat. In risultato di ciò dovevano mangiare al buio, e non mettevano in atto la mizvà dell'Onegh Shabbat durante il pasto, quindi la Neshamà ne provava sofferenza e non c'era pace tra la Neshamà e il corpo. E tutto ciò è alluso nel verso: "Ho dimenticato i giorni della pace". Ossia, Echà si lamenta dicendo che a causa del decreto sui lumi dello Shabbat ci si è dimenticati della pace tra il corpo e la Neshamà102.
Note:
95 Rakkia, ossia la distesa dei cieli.
Nel Talmud (Chaghiga pag. 13a) è scritto che esistono 7 Rekiìm, la distanza tra la terra e il Rakkia più inferiore è di 500 anni, e la distanza tra un Rakkia e l'altro è di 500 anni. Dopo il Rakia superiore ci sono le "Chaiot ha-Kodesh", e la distanza tra loro (ossia tra il Rakia superiore e i "piedi" delle "Chaiot ha-Kodesh" è di altri 500 ann)i. Quindi la distanza tra la terra e i "piedi" delle Chaiot ha-Kodesh è di 4000 anni. 4000 anni equivale alla misura di circa 1,825,000 Parsaot, che equivale a circa 6661250 km. 96 Ben Ish Chai, drushim parashat Chukat.
97 Yedè Chayim, libro di Halakhà di Rabbi Yosef Chaiim (Ben Ish Chai).
98 Tratto dal libro Meorot ha-Shabbat, edizione Meorot ha-daf Yomi.
99 Tratto dal libro "Wa-anì Tefillà, tefillòt ha-shanà", pag.398, Rav Chaiim Zaiizik zz"l
100 Racconti tratti dal libro Meorot ha-Shabbat, edizione Meorot ha-daf Yomi.
101 Ha-Gaon Rabbì Akiva Igher zz"l.
102 Tratto dal libro "Benaiau u-ben Yeoiadà" di Rabbi Yosef Chaiim zz"l (Ben Ish Chai).
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