La forza di un "Amèn yehè Shemè rabbà"
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Dal libro Perle di Mosàr di rav Immanuel Piazza
La forza di un "Amèn yehè Shemè rabbà"
Il seguente Midràsh ci insegna l'importanza di rispondere "Amèn yehè Shemè rabbà..." al Qaddìsh. Disse Rabbì Ishmaèl: Mi ha detto "l'Angelo responsabile degli interni": Caro mio, siedi tra le mie braccia, e ti dirò qual è il futuro del popolo d'Israele. Mi sono seduto tra le sue braccia, e nel frattempo l'Angelo piangeva, le sue lacrime scendevano dai suoi occhi e cadevano su di me. Gli ho detto: Mio splendore, per quale ragione piangi? Mi ha risposto: Vieni, ti farò entrare e ti mostrerò cosa è messo da parte per il santo popolo d'Israele. Mi ha preso per la mano, e mi ha introdotto nella camera interna; ha preso i registri e mi ha mostrato tutte le varie disgrazie che erano scritte. Gli ho chiesto: Queste disgrazie a chi spettano? Mi ha risposto: Vieni domani e ti mostrerò altre disgrazie diverse da queste. L'indomani mi ha introdotto di nuovo nella camera interna, e mi ha mostrato altre disgrazie, differenti e più paurose delle prime: decreti di morte in diversi modi, anche a fil di spada, carestia, prigionia... Gli ho detto: Mio splendore, così tanto ha peccato il popolo d'Israele, che, mai sia, gli spetta tutto ciò. Mi ha detto: Ogni giorno si rinnovano nuovi decreti ancora più gravi di questi, tuttavia dal momento in cui il popolo d'Israele entra nei battè kenesiòt (Sinagoghe) e nei battè midrashòt (luoghi di studio di Torà) e rispondono "Amèn yehè Shemè rabbà..." al Qaddìsh, non lasciamo uscire quei cattivi decreti dalla camera interna.
I meriti moltiplicano meriti...
Il grande tzaddìq, Rabbì Aharòn Ratta, autore dell'opera "Shomèr Emunìm", usava dire: Quando una persona lascia questo mondo e arriva nell'Olàm Habbà, gli mostreranno quante vite ha salvato e quante mitzwòt ha messo in atto. Si meraviglierà dicendo: "Non ho mai conosciuto queste persone durante la mia vita, e inoltre non ho mai compiuto tutte queste mitzwòt" . Allora il Tribunale Divino gli risponderà: "Queste persone le hai salvate rispondendo con grande concentrazione "Amèn" e "Amèn yehè Shemè rabbà". Tutte le mitzwòt che quelle persone hanno compiuto negli anni di vita che gli sono stati aggiunti grazie a te, ti sono state accreditate. Inoltre, i bambini che sono nati a quelle persone in quegli anni di vita aggiunti, anche loro hanno compiuto mitzwòt, quindi ti vengono accreditati anche i loro meriti. E così via per il resto delle generazioni: tutte le mitzwòt che compiranno i discendenti di quelle persone che hai salvato, verranno aggiunte ai tuoi meriti, dal momento che grazie a te sono venute al mondo quelle generazioni". Arriverà un giorno in cui i nostri occhi vedranno quante vite abbiamo salvato, e quante disgrazie siamo riusciti a far evitare, e tutto ciò per merito del fatto che abbiamo risposto "Amèn" e "Amèn yehè Shemè rabbà".
Il Qaddìsh e la liberazione dall'esilio
Da quando è stato distrutto il Beth Hamiqdash, la Presenza Divina è in "galùt" (in esilio) assieme al popolo d'Israele, il Signore si dispera insieme a noi per tutte le disgrazie che ci avvengono in "galùt". Nel Qaddish è nascosta una grande forza: grazie alla preghiera del Qaddish è possibile, (se così si può dire), "consolare" il Signore dal Suo dispiacere, e convincerLo a liberarci dall'esilio tra i popoli. Nel Talmùd15 Rabbì Yosè ci racconta riguardo ad un suo incontro con Eliàhu Hanavì : "Una volta ero per strada, e sono entranto in una delle rovine di Gerusalemme per recitare la mia preghiera. Arrivò Eliàhu Hanavì e mi aspettò all'entrata. Una volta finita la mia preghiera, mi disse: Shalòm a te Rabbì". "Gli risposi: Shalòm a te, mio rabbino e Maestro". Mi disse: "Figlio mio, perché sei entrato in questa rovina?". Gli risposi: "Per recitare la mia preghiera". Mi disse: "Figlio mio, quale voce hai sentito quando eri in quella rovina?". Gli risposi: "Ho sentito una voce Divina che rumoreggiava come una colomba, dicendo: Ohi! Ohi ai figli, che a causa dei loro peccati ho distrutto la Mia casa (il Bet haMqkdàsh), ho bruciato l'Echàl, e li ho mandati in esilio tra i popoli del mondo". Lui aggiunse:" Non solo una volta al giorno la voce Divina esclama tutto ciò, bensì tre volte al giorno, tutti i giorni. Inoltre, ogni volta che i figli d'Israele entrano nei battè kenesiòt (Sinagoghe) e nei battè midrashòt (luoghi di studio di Torà) e rispondono "Amèn yehè Shemè rabbà...", il Santo Benedetto Egli Sia scuote la sua testa e dice: "Beato il Re che viene lodato in questo modo nella sua casa. Ohi al padre che ha mandato in esilio i suoi figli, e ohi ai figli che sono andati in esilio allontanandosi dal tavolo del loro padre! Quando innalziamo e lodiamo il nome del Santo Benedetto Egli sia, "Gli causiamo un grande piacere", e Lui ha il desiderio di liberarci dall'esilio tra i popoli del mondo e di far risiedere la Sua Presenza Divina tra di noi. Impegniamoci a rispondere "Amèn Yehè Shemè rabbà..." con concentrazione e con tutte le nostre forze!
15. Trattato di Berakhòt pag. 81.
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