I frutti della preghiera
Ci stiamo avvicinando a Rosh haShanà e Kippùr. Riporteremo nelle prossime settimane articoli inerenti alla tefillà, dal libro Perle di Musàr, di rav Immanuel Piazza
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I frutti della preghiera
Domanda: Per quale motivo ancora ho difficoltà economiche, forse il S. non ascolta le mie Tefillòt (preghiere)? Ogni giorno prego il S. di ricevere la parnasà (sostentamento), ma ad ogni modo non vedo i frutti della mia Tefillà!!
Risposta: Non ti preoccupare, il S. ascolta le tue tefillòt! Il Baal Shem Tov spiega che delle volte noi preghiamo per ricevere determinate cose ad es. soldi, tranquillità ecc… e ci sembra che il S. non ascolti le nostre preghiere. Non è così! Il S. conosce benissimo quali sono i nostri veri bisogni; il problema è che noi non sappiamo veramente quali siano i nostri bisogni più urgenti in quel momento. Infatti è possibile che noi preghiamo e chiediamo la parnasà, ma non sappiamo per esempio di avere una malattia; il S. però che è Onnipotente e conosce ogni segreto, ci guarisce per merito di quelle preghiere che sono state effettuate per la parnasà. In altre parole, il S. utilizza quelle preghiere come se avessimo pregato per la nostra salute.
Il Baal Shem Tov ci dona un’altra risposta. Infatti, è possibile che quelle preghiere siano state utilizzate dal S. per elevare e migliorare la nostra neshamà (anima). E ciò vale molto di più dei nostri bisogni materiali di questo mondo.
Il Chazòn Hìsh risponde invece che delle volte i frutti delle preghiere di una persona non sono goduti dalla persona stessa, bensì dai suoi figli, nipoti, pronipoti o discendenze future. Infatti è possibile che si possa pregare per anni di diventare ricchi ma soltanto il suo pronipote avrà parnasà in abbondanza4.
4 Tratto dal libro "Berumò shel Ola’m" del Rav Yakov Israel Lugassi
La Kedushà
Nella nostra Tefillà quotidiana, a Shachrit e a Minchà, (di Shabbat anche a Musàf), durante la ripetizione dell'Amidà, si recita la Kedushà.
Nella formula della Kedushà è scritto: "E (gli Angeli) chiamano l'un l'altro e dicono: Il Signore delle Schiere è Santo, Santo, Santo. La Sua gloria riempie la terra". Apparentemente, il significato di questo passo della Kedushà è che ogni Angelo chiama il suo compagno e gli ordina di santificare e di lodare l'Eterno, ma non è così. Nelle prossime righe riporteremo tre spiegazioni dei Maestri al riguardo:
▪ Il Malbim spiega che gli Angeli si invitano e stimolano l'un l'altro nel cercar di capire la santità e la grandiosità del Signore.
▪ Onkelus, nella sua traduzione in aramaico, spiega che ogni Angelo è differente dall'altro. Ognuno di essi ha un livello di santità differente dall'altro. Ognuno di essi comprende la grandiosità del Signore differentemente dagli altri, chi di meno e chi di più. Ognuno di essi loda il Signore in maniera differente e con un'armonia differente. Per questo motivo gli Angeli si porgono e si chiedono l'un l'altro in che maniera lodano e santificano il Signore. Vogliono imparare l'uno dall'altro come elogiare l'Eterno. E questo è il significato della formula della Kedushà "e (gli Angeli) chiamano l'un l'altro...": Si chiedono l'un l'altro come elogiare il Signore. Infatti tra gli Angeli non c'è invidia, al contrario dell'uomo preferiscono imparare l'un dall'altro.
▪ Nel Midrash è spiegato che ogni Angelo onora l'altro e lo invita a elogiare per primo il Signore. "Uno dice all'altro: comincia tu che sei più importante di me"5.
5 Tratto dal libro "WaAni Tefillà" di Rav Chayim Zaiziq
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