Fondamenti sulla Shemità
di Aharon Braha
È frequentissimo che ebrei arrivino in Israele dall’estero. Vuoi per viaggi di lavoro, vuoi per viaggi di piacere o vacanza, vuoi perché fanno la ‘alyà. Tutti pensano – sono arrivato in Israele, sarà tutto Kasher. In realtà non solo non è questa la realtà, ma quest’anno c’è un ulteriore complicazione. La Shemità. Quest’anno (5782) è l’anno della Shemità, l’anno sabbatico, in cui è vietato lavorare la terra e in cui è vietato commerciarne i frutti. I divieti a riguardo sono molto rigidi, e la pena per la trasgressione lo è altrettanto, tanto che i Chakhamim descrivono che molte persone possono perdere çhas VeShalom i loro averi per aver trasgredito alcuni di questi divieti1. Pertanto è importantissimo studiarne le norme e con un po’ di accortezza si potrà vivere quest’anno al meglio.
L’anno della Shemità è molto importante sotto numerosi aspetti. Fra quelli primari troviamo la possibilità di rafforzarsi nel bitachòn ~ fiducia in HaShem. HaQadosh Barukh Hù garantisce che nessuno subirà danno dal non lavorare per un intero anno il proprio campo, lasciandolo in balia di sé stesso. In quell’anno il contadino anziché essere impegnato nella cura della terra si potrà occupare di studio e approfondimento della Torà. Bisogna capire meglio – in un’economia basata sull’agricoltura [com’era l’economia ebraica ai tempi in cui il popolo è entrato in Eretz Israel, ma anche oggi l’economia è basata per poco meno di un terzo sull’agricoltura] non lavorare un intero anno è un sinonimo di ‘suicidio’, perché non c’è alcun uomo che possa garantire che si riesca a sopravvivere in questo modo. HaQadosh Barukh Hù lo può assicurare invece, e ci dice: per un intero anno non lavorate la terra, e Io vi Garantirò la vostra sussistenza. Quando chi possiede un terreno evita di lavorarlo, si affida ad HaShem e rafforza la sua Emunà ~ Fede e Bitachòn ~ fiducia in Lui. Secondo HaGaon HaRav Chajim Kanievski questo rafforzamento non si limita solo all’agricoltore o a chi ha un giardino che non lavora applicando le norme della Shemità, ma anche a chi studia semplicemente le Halakhot in merito.
In questa sede non sarà possibile esaurire l’argomento, ma è importante concentrarsi almeno su alcune componenti di base – lo scopo vuole essere principalmente quello di fare maggiore chiarezza su alcuni termini chiave.
1. Cura del giardino. Chi possiede un giardino, sia proprio che condiviso con gli altri condomini, non può né curarlo né finanziarne le cure. Ci sono solo determinate particolari attività che si possono permettere nel caso si rischino danni agli alberi (Uqumè Ilana) o simili. Poiché i casi sono molto complessi e cambiano in base a sottili variabili, chi possiede un campo o un giardino ponga una domanda specifica sulla questione a un Morè Horaà, ossia un Talmid Chakham esperto di halakhà pratica. [È importante sapere che le Halakhot riguardo alla Shemità necessitano un approfondimento a sé stante, perché essendoci solo pochissime halakhot nello Shulchan ‘arukh a riguardo, è necessario studiare la questione molto a fondo per sapere effettivamente di cosa si parla. Pertanto non ci si affidi al ‘primo che passa’ o per ‘sentito dire’. Anche Talmidè Chakhamim esperti di Shulchan ‘arukh in queste norme potrebbero non sapere le risposte del caso, a meno che non abbiano studiato la questione in modo specifico.]
Attenzione! I divieti riguardo il lavoro del terreno in tantissimi casi non fanno alcuna distinzione se sono fatti da un ebreo o non, essendo comunque il campo di proprietà ebraica, ed essendo il non ebreo semplicemente un operaio per conto dell’ebreo. Ci sono rari casi in cui può essere necessario fare una determinata operazione e il Morè Horaà preferisce che le azioni siano fatte da un non ebreo, così da diminuire la gravità del divieto.
Domanda. Cosa fare nel caso in cui devo pagare il Wà’ad HaBait ~‘spese di condominio’ e i miei vicini non essendo osservanti e non comprendendo queste regole vogliano remunerare qualcuno per lavorare il terreno?
Risposta. Gli intestatari del contratto [qui in Israele spesso non è solo il marito, ma anche la moglie – in tal caso entrambi] dichiarino esplicitamente di rendere la parte del loro terreno Hefqèr ~ di pubblico dominio e dichiarino esplicitamente al Wà’ad HaBàit (a) che si oppongono alla cura del terreno e (b) che se anche dovessero pagare la quota mensile, ciò che pagano non lo vogliono destinare per la cura del terreno, ma per le altre spese2.
Attenzione! Molti non ebrei hanno ‘imparato’ un nuovo sistema per farsi assumere come lavoratori nei giardini, dicendo parole chiave come ‘Badatz’, ‘Shemità, ‘avodat Qarq’a e simili, senza essere davvero esperti su come sia permesso curare frutta, verdura o semplicemente i fiori del giardinetto, ma divenendo esperti solo di come raggirare l’ignaro assuntore.
2. Frutta e verdura. Riguardo alla frutta e alla verdura abbiamo un’intera cultura da farci. In generale la frutta e la verdura prodotti nell’anno della Shemità possono essere utilizzate solo con determinate cautele, tra cui l’attenzione a non sprecare o dissipare con le proprie mani il prodotto anche se in minima parte, il divieto di commerciarlo se non in piccolissime quantità e con determinati accorgimenti. I problemi riguardo la verdura e altri frutti che crescono direttamente nel terreno incominceranno dall’inizio dell’anno ebraico (subito dopo Rosh HaShanàh), mentre i problemi sulla frutta cominciano dopo qualche mese dall’inizio dell’anno, variabile a seconda della tipologia di frutto.
3. Godimento. Bisogna porre attenzione perché molti agricoltori purtroppo non pongono alcuna attenzione alle norme della Shemità, e introducono nel mercato prodotti in cui sussistono questi gravi divieti. Bisogna per questo ancora più che in altri anni verificare la Te’udàt Kasherut ~ Attestato di idoneità (alimentare) del luogo da cui si compra, o del luogo da cui si mangia [in moltissimi ristoranti purtroppo introducono prodotti problematici, e chi non sta molto attento alla presenza di una Te’udà rischia di incorrere nel divieto mangiando lì]. Se un frutto è nato da un terreno lavorato da un ebreo durante l’anno della Shemità ne è anche vietato l’acquisto3.
4. Yevùl Chul. In questo periodo pertanto si sente parlare di יבול חו"ל Yevùl Chul, ossia di frutta e verdura che proviene da fuori di Eretz Israel. Fuori da Eretz Israel non sussiste la norma della Shemità, pertanto non c’è alcun problema di questo genere ad acquistarne i prodotti. È però importante sapere che il parametro che fissa i confini di Eretz Israel non è la cartina di come è oggigiorno l’attuale stato d’Israele, ma la Halakhà. Pertanto ci sono zone particolari nello stato d’Israele che alcuni Poseqim considerano come chul ~ fuori da Israele [come alcune zone del Golàn] e ci sono alcune zone fuori dallo stato che invece sono considerate Eretz Israel. Comprando questi prodotti non c’è generalmente alcun problema, a condizione che si sia certi che effettivamente provengano da territori fuori di Eretz Israel.
5. Yevùl Shishì. Yevul Shishì significa che si tratta di un prodotto che è stato colto nel sesto anno, prima della Shemità, e che quindi non ne presenta i problemi. Chiaramente però questa categoria di prodotto non si trova nell’arco di tutto l’anno della Shemitàh, ma principalmente al suo inizio.
6. Hettèr Mekhirà. Un altro termine di cui si sente molto parlare, nel “bene e nel meglio”, è l’ היתר מכירה Hetter Mekhirà. Letteralmente significa ‘permesso di vendita’. Si tratta di un’istituzione della Rabbanùt HaRashìt presente fin da prima della nascita dello stato di Israele, che poi è stata rafforzata nei decenni successivi, in particolare dopo aver visto alcuni problemi sollevati da diversi Poseqìm. In sintesi l’Hetter Mekhirà consiste nella vendita del terreno di un ebreo a un arabo, affinché il terreno non sia considerato dell’ebreo. In questo caso secondo numerosi Poseqim è permesso all’ebreo lavorare il terreno, non essendo di proprietà ebraica. Questo ‘Hettèr’ ~ ‘Permesso’ è molto discusso, sia da una parte che dall’altra. C’è chi considera che non sia valido per nulla, come sostiene il Chazòn Ish, mentre c’è chi sostiene che sia una soluzione persino a priori come sostiene il Rav HaGaon Moshèh Levi nella sua opera “Quntres Devar HaShemittàh”. Moltissimi Poseqim però sono d’accordo che in casi di assoluta necessità, come nel caso non sia presente altro, è possibile appoggiarvicisi [Sha’at HaDechàq]. Tra i Poseqim che sostengono così troviamo il Rishàn LeTziòn [Rabbino capo d’Israele], HaRav Itzchaq Yosef nel suo Yalqut Yosef, Shevi’it (cap. 25:1). Similmente HaGaòn HaRav Shelomò Zalman Auerbach [pubblicato nel nuovo Shulchan Shelomò Hilkhot Shevi’it pag. (281-)288] dice che in famiglie in cui non è possibile mangiare altri prodotti, un Bà’al Teshuvà può consumare tali prodotti, ciò nonostante non vuole permettere in altri casi.
7. Otzàr Bet Din אוצר בית דין . Un’altra soluzione è l’acquisto di prodotti sotto la supervisione di un Bet Din, che dà istruzioni precise all’agricoltore su alcune attività che è possibile permettere nel caso il Bet Din sia il ‘proprietario’ del terreno, al fine di aiutare il pubblico a soddisfare le proprie esigenze. In questo caso non c’è un problema a acquistare il prodotto, ma c’è una discussione tra i Poseqim su come sia necessario atteggiarsi riguardo a questi frutti. Secondo il Chazon Ish è necessario porre attenzione a tutte le rigorosità riguardo alla Shemità, come fossero Peròt Shevi’it vere e proprie, solo che c’è il permesso di commerciarle. Ho sentito invece dal Rav HaGaon Avraham Yosef in una sua lezione ulla Shemità [di cui è consigliata la visione o almeno l’ascolto - http://youtu.be/3pIqJvEBjYo], che in base alla norma stretta non è necessario, ed è solo una rigorosità. In questo caso è importante che la Hasghachà ~ supervisione del prodotto sia rigorosa affinché si possa star certi che effettivamente l’agricoltore non abbia fatto operazioni che gli sono state vietate dal Bet Din, compromettendo il prodotto.
Attenzione! Se la Hashgachà è buona, comprando “Otzàr Bet Din” si ha la possibilità di favorire la crescita dell’agricoltura in Eretz Israel per mano di ebrei, in particolare osservanti delle norme della Shemità.
Attenzione! Bisogna sempre fare attenzione che la Hashgachà sia buona e non far caso che ci sia solo un timbro, perché oggigiorno ci sono timbri di “Kasherut” dati persino dagli arabi.
8. Yevul Nokhrì. Ulteriore capitolo è quello dell’יבול נכרי Yivul Nokhrì, ossia della frutta e verdura lavorate in un terreno di un non ebreo in Eretz Israel. C’è chi sostiene che non avendo alcuna Mitzwà riguardo alla Shemità, il non ebreo possa produrre nel suo campo, pertanto è possibile acquistare da non ebrei senza alcun problema relativo alla Shemità i loro prodotti. Questa era l’opinione di Maran Rabbenu Yosef Qaro autore dello Shulchan ‘Arukh, e l’opinione più diffusa fino al secolo scorso. Questo era anche l’uso comune a Yerushalaim. Ciò nonostante c’è chi era rigoroso, già al tempo di Maran Rabbenu Yosef Qaro, il Mabbit – Morenu HaRav Moshèh MiTrani e suo figlio il Maharimat – Morenu HaRav Yosef MiTrani che sostenevano che anche la frutta e verdura di un non ebreo, essendo in Eretz Israel, ha comunque un problema. Così sostiene anche il Chazon Ish. Per questo molti sono rigorosi su questo punto, in particolare nella città di Benè Beraq [ma non solo]. Sicuramente i sefarditi possono appoggiarsi a priori sull’opinione facilitante, essendo questa l’opinione di Maran autore dello Shulchan ‘Arukh, e così sosteneva Maran Haבhidà (Birkè Yosef Yorèh De’ah 331:10 – vedi ivi lungamente che spiega molte delle incomprensioni storiche sull’argomento) e questa è l’opinione di Chakham ‘Ovadiàh Yosef.
9. Yevul Nokhrì. Ulteriore capitolo è quello dell’יבול נכרי Yivul Nokhrì, ossia della frutta e verdura lavorate in un terreno di un non ebreo in Eretz Israel. C’è chi sostiene che non avendo alcuna Mitzwà riguardo alla Shemità, il non ebreo possa produrre nel suo campo, pertanto è possibile acquistare da non ebrei senza alcun problema relativo alla Shemità i loro prodotti. Questa era l’opinione di Maran Rabbenu Yosef Qaro autore dello Shulchan ‘Arukh, e l’opinione più diffusa fino al secolo scorso. Questo era anche l’uso comune a Yerushalaim. Ciò nonostante c’è chi era rigoroso, già al tempo di Maran Rabbenu Yosef Qaro, il Mabbit – Morenu HaRav Moshèh MiTrani e suo figlio il Maharimat – Morenu HaRav Yosef MiTrani che sostenevano che anche la frutta e verdura di un non ebreo, essendo in Eretz Israel, ha comunque un problema. Così sostiene anche il Chazon Ish. Per questo molti sono rigorosi su questo punto, in particolare nella città di Benè Beraq [ma non solo]. Sicuramente i sefarditi possono appoggiarsi a priori sull’opinione facilitante, essendo questa l’opinione di Maran autore dello Shulchan ‘Arukh, e così sosteneva Maran Haבhidà (Birkè Yosef Yorèh De’ah 331:10 – vedi ivi lungamente che spiega molte delle incomprensioni storiche sull’argomento) e questa è l’opinione di Chakham ‘Ovadiàh Yosef.
Come comportarsi in pratica? In sintesi ciò che bisogna fare è leggere attentamente le Te’udot di Kasherut presenti nel luogo in cui si compra, e così anche sui prodotti confezionati, compreso lo scatolame. Spesso c’è una scritta come נקי מכל חשש מדיני שביעית וטבל che significa ‘libero da ogni dubbio relativo alle norme di Shevi’it e Tevel’. Se questa scritta viene accompagnata con una Hasghachà affidabile, non c’è problema nel prodotto sotto questo aspetto. È possibile aiutarsi con l’ebraico riportato in precedenza per distinguere a che categoria appartenga.
Dubbi ulteriori. Nel caso di dubbi ulteriori, sicuramente contattate un morè horaà esperto sull’argomento, ed è molto consigliabile studiare le Halakhot sulla Shemitàh da libri ‘affidabili’ scritti da Poseqim esperti.
Note:
1. Vedi Massekhet Qiddushin 20 ‘amud alef e Massekhet ‘Arakhin 30 ‘amud bet.
2. Così ho sentito nello Shi’ur del Rav HaGaon Israel Ganz שליט"א , noto Morèh Horaà a Yerushalaim. Il punto (a) l’ho aggiunto in base al Shulchan Shelomò Shevi’it (pag. 65) che sostiene che l’Hefqer in moltissimi casi non serva a nulla. Comunque non c’è un danno nel farlo.
3. Yalqut Yosef Shevi’it (pag. 183, 4:7(:7)).
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