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CONTEGGIO DELL’ÒMER

DA "MOMENTI DI TORÀ"



 «E conterete, a cominciare dal giorno successivo a quello di astensione dal lavoro, dal giorno cioè in cui porterete il manipolo che deve essere agitato, sette settimane, che siano complete: fino al giorno successivo alla settima settimana conterete cinquanta giorni […]» (Lev. 23, 15-16).


È una mitzwà eseguire il conteggio di questi giorni iniziando dal secondo giorno di Pésach (il 16 di Nissàn) fino alla festa di Shavuòt. Questa mitzwà è chiamata sefiràt haÒmer, in ricordo dell’offerta dell’Òmer che si presentava nel Santuario il secondo giorno di Pésach.

Nel Séfer Hachinnùch (mitzwà 306) è scritto che lo scopo principale per cui gli ebrei sono stati liberati dall’Egitto era quello di ricevere la Torà e di rispettare le mitzwòt contenute in essa. Pertanto, ogni anno facciamo il conteggio dei giorni che intercorrono tra la liberazione dall’Egitto (avvenuta a Pésach) fino al giorno in cui fu donata la Torà agli ebrei (a Shavuòt), così da mostrare quanto ci è gradito quel giorno e quanto lo aspettiamo.

La mitzwà si deve compiere ogni sera, appena conclusa la preghiera di arvìt, iniziando dal termine del primo giorno di yom tov di Pésach (la sera del 16 di Nisàn), fino alla vigilia di Shavuòt (5 di Sivàn).

Non si deve eseguire il conteggio mentre è ancora giorno, ma solo quando è sicuramente notte. Il momento per la mitzwà viene determinato dall’apparizione delle stelle; dalla mezz’ora precedente questo momento non ci si può sedere a tavola per mangiare né iniziare qualsiasi lavoro prima di aver compiuto la sefiràt haÒmer.

A priori, è meglio recitare la benedizione ed eseguire il conteggio all’inizio della notte. Chi non lo avesse eseguito all’inizio della notte ha ancora tempo di farlo, con la benedizione, per tutta quella notte.

Rabbì Yitzchàq Aramà scrive nel suo libro Aqedàt Yitzchàq: «Le sette settimane dell’Òmer sono come i sette giorni che separano la donna dalla tevilà per rendersi pura e unirsi al marito. È possibile considerare tutto questo periodo come una costante salita verso l’alto, il mezzo attraverso il quale è stato possibile per i figli d’Israele risalire in santità e giungere puri al grande appuntamento al monte Sinai. Per ogni ebreo, di oggi e di domani, deve essere la stessa cosa. Ognuno di noi alla sera del Séder deve considerare come se lui stesso fosse uscito dall’Egitto e il computo dell’Òmer deve essere la nostra preparazione spirituale al ricevimento della Torà».

Ogni giorno della sefiràt ha-òmer, prima si recita la benedizione Barùkh […] al sefiràt haÒmer e dopo si dice il numero del giorno e infine, dal settimo giorno in poi, si aggiunge anche il numero delle settimane che sono trascorse dall’inizio del conteggio. Il testo di tutto ciò si trova nei siddurìm con i brani aggiuntivi alla sefiràt haÒmer, che sono differenti secondo i riti.

La benedizione sulla sefiràt haÒmer e il conteggio devono essere recitati in piedi.

Chi avesse dimenticato di fare il conteggio nella notte, può ancora contare il giorno successivo senza dire la benedizione, mentre i giorni successivi potranno essere contati con la benedizione.

Chi avesse dimenticato di contare del tutto (sia alla sera ma anche durante il giorno successivo) dovrà proseguire a contare, ma senza più dire la benedizione. La stessa regola si applica a chi abbia fatto un errore indicando il numero sbagliato (in modo da non essere uscito d’obbligo per quel giorno).

In questi casi (quando non e più possibile fare il conteggio con la benedizione) è meglio cercare di ascoltare la benedizione mentre è recitata da un’altra persona. Questa deve avere l’intenzione di fare uscire d’obbligo chi ascolta e anche l’interessato deve avere questo proposito e rispondere amèn al termine. Infine, eseguiranno entrambi il conteggio.

Chi non è sicuro di aver eseguito il conteggio una notte, nelle notti successive può continuare a eseguire il conteggio con la benedizione.

Se dopo il tramonto, si domanda a un compagno che ancora non ha eseguito il conteggio, «che giorno è dell’Òmer», costui deve rispondere: «Ieri era il giorno...». Infatti, se rispondesse, «oggi è il giorno...», più tardi, lui stesso non potrà più eseguire il conteggio con la benedizione, perché è possibile che per quel giorno, con le sue parole, abbia già compiuto la mitzwà della sefiràt haÒmer. Questo problema può facilmente verificarsi a Lag BaÒmer (il 33° giorno dell’òmer) quando, dopo il tramonto, ma prima di aver fatto il conteggio, si annuncia: «Oggi è Lag BaÒmer» (letteralmente “il 33° giorno dell’Òmer”).

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