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Consigli per lo studio della Torà

Rav Schlomo Aschkenazi

Un giovane studente domandò a R. Akiva Eger quale fosse il metodo migliore per imparare la Torà. Rabbi Akiva Eger sorridendo rispose: "Sai come viene chiamato il Talmud? Viene chiamato il mare del Talmud. Quando si viaggia per terra si possono scegliere strade e autostrade. Sul mare le strade non sono asfaltate, si viaggia in nave e ci si fa strada nell`acqua. Bisogna avere idea chiara di dove si vuole arrivare, usare la bussola, spiegare le vele, controllare i venti e con l`aiuto del Creatore si viaggerà nella direzione giusta e si arriverà a destinazione".


Da questa bella risposta mi sembra possibile dire che ci sono due requisiti per avere successo nello studio della Torà. Il primo è: Avere una buona nave ossia delle buone basi per navigare. Il secondo: Avere un buon timone e capacità di navigare, ossia un buon metodo di studio.

I metodi che verranno proposti in questo articolo sono sei: tre per -costruire la nave- (le basi per poter studiare) e tre per- navigare- (per avere buoni risultati nello studio della Torà).


Parleremo prima di tutto dell`ossatura della nave, necessaria a porre delle solide fondamenta allo studio. Successivamente, illustreremo la via da seguire per arrivare alla padronanza dello studio della Torah e della Ghemarà in particolare.


1-AMORE PER LO STUDIO DELLA TORA`

I Maestri ci insegnano (Berakhoth 63b) che "la Torà è presente solo tra coloro che sono disposti a morire per essa". Questo insegnamento può essere interpretato in modi diversi, ma non bisogna mai dimenticare che colui che vuole imparare deve partire con la prospettiva che la conoscenza della Torà è una questione di vita o di morte. I Maestri raccontano in una famosa parabola (Berachoth 61a) che come l`acqua è indispensabile per i pesci, così la Torà è indispensabile al popolo d`Israele. Quando si lotta per salvare la propria vita nessuno sforzo è troppo difficile, nessuna strada viene lasciata inesplorata. Questa è la prospettiva del vero studioso della Torà che lo spinge ad amare ed approfondire lo studio e a imparare quanto più possibile, perché ogni incremento nella conoscenza della Torà possiede le chiavi della vita.

I Maestri dicono che anche chi ha raggiunto un alto livello di studio della Torà deve sempre desiderare di continuare ad apprendere cose nuove come i pesci che saltano fuori dall`acqua per bere l`acqua piovana perché è più fresca.


R. Yerucham Leibowitz,mashghiach (istruttore spirituale)della Yeshivà di Mir, spiegava che "nella Torà non ci sono lussi, ogni goccia è sangue vitale". Per questo motivo quando diciamo la Tefillà (preghiera) giornaliera domandiamo e imploriamo: "Nostro Padre misericordioso, dacci nel cuore la capacità di capire...tutte le parole del Tuo insegnamento...". La nostra richiesta di infinita misericordia riguarda ogni parola della Torà perché ogni parola è per noi preziosa.

I Maestri nel trattato di Avot (Massime dei Padri) ci insegnano che R. Yochanan ben Zakkay elogiando i suoi cinque discepoli, disse di R. Eli`ezer ben Orkanos che era "un pozzo impermeabile che non perde una goccia". R.Meir haCoen è perplesso dal fatto che R.Yochanan ben Zakkay lodi questa qualità e domanda perché abbia incluso Rabbi Eli`ezer in questo gruppo di discepoli.

Gli altri discepoli di R. Yochanan venivano lodati per superiori tratti di carattere, evidente frutto di loro sforzi personali, mentre l`unicità di R. Eliezer sembrava a prima vista solo il risultato del dono celeste di una memoria fenomenale.


Il Hafetz Chayim spiega che non è sufficiente un dono divino per arrivare a un livello di memoria come quello descritto da da R. Yochanan ben Zakkay. Per arrivare a ricordare tutto quello che si studia senza perdere neppure una goccia è necessario un infinito amore per lo studio della Torà. Se a R. Eliezer ben Orkanos fosse mancata la capacità di dare valore a ogni parola della Torà gli sarebbe stato impossibile non perdere neppure una "goccia delle sue acque".


2-FIDUCIA NELLE NOSTRE CAPACITÁ


Non è sufficiente essere stimolati dalla sete di conoscenza della Torà; dobbiamo sapere anche che per dissetarci dobbiamo raggiungere le sorgenti della Torà e che queste sorgenti sono raggiungibili. La Torà dice: "Perché la cosa è molto vicina a te, e [la capacità di raggiungerla è] nel tuo cuore e nella tua bocca (Devarim 2, 31). Rashì spiega che il verso si riferisce alle parole della Torà, sia scritta che orale; esse sono vicine stando sulla punta della lingua e nel nostro cuore.

I Maestri (Niddah,30b) insegnano che un bambino ancora prima di nascere impara tutta la Torà da un angelo e al momento della nascita, prima di entrare a fare parte di questo mondo, viene colpito sulla bocca e dimentica tutto quello che ha imparato. L`autore della famosa opera chassidica Benè Issaskhar si domanda perché il bambino debba essere sottoposto a questa esperienza di gioia e dolore, prima potendo imparare tutta la Torà e poi dovendo dimenticarla in un attimo.


Il Benè Issaskhar spiega che lo studio appreso dall`angelo non viene perso bensì è acquisito dal bambino. In questo periodo della sua esistenza la Torà diventa parte del suo essere. Quando poi questo essere umano cresce e studia la Torà, ricorda quello che ha imparato in precedenza. L`esperienza dello studio è quindi un dèjà vu, è un ripasso della Tora già studiata prima di nascere, così come tutto il popolo d`Israele, comprese le anime degli ebrei di tutte le generazioni passate e future, era presente nel momento in cui è stata data la Torà davanti al Monte Sinai.


Grazie a questa spiegazione possiamo capire le parole dei Maestri quando parlando dello studio della Torà affermano: "Sei hai faticato e hai trovato, credici". Normalmente di una persona che ha raggiunto un risultato dopo aver faticato si dice che si è meritato il frutto delle fatiche. Perché invece in questo caso viene usata l`espressione "trovare" come se si fosse trovato per strada una cosa perduta?

La spiegazione è che i frutti delle fatiche dello studio non sono una nuova acquisizione ma il recupero di qualcosa che era stata perduta: il bambino che studia riprende possesso della Torà allo stato puro che aveva imparato dall`angelo e perduto al momento della nascita.


Con questo presupposto, possiamo avvicinarsi allo studio della Torà con la certezza che, se sapremo faticare, saremo in grado di raccogliere una grande quantità di conoscenze.


3-IMPEGNO


Il Rav di Ponovich, Rabbi Yosef Shlomò Kahaneman , fu tra i primi ad organizzare yeshivoth in Erez Israel dopo la shoà. R.Kahaneman sognò di creare yeshivot in cittadine che erano state deserti spirituali. Quando gli domandarono come era riuscito ad attuare molti dei suoi progetti, rispose: "Come altri ho sognato molto, la differenza è che ho sognato diversamente dagli altri. Quasi tutti sognano di notte; al risveglio i sogni sono svaniti e non possono essere realizzati. Io ho sognato di giorno e immediatamente ho iniziato a realizzare i miei progetti fino a quando sono diventati realtà".


Questo è lo spirito necessario per costruire delle istituzioni per lo studio della Torà. Con lo stesso spirito una persona può formare se stessa: con l`impegno totale di raggiungere l`obiettivo desiderato, sommergendosi completamente nelle acque della Torà, studiando con costanza, senza mollare, ogni giorno, ogni ora e ogni minuto, e concentrandosi in modo da non lasciare che pensieri estranei interferiscano nello studio.


L`autore dell`opera Avnè Nezer, il noto Rebbe chassidico e Gaon di Sochachov, nel ricordare il modo in cui aveva studiato, raccontò: "Dopo maariv usavamo sederci al tavolo di studio con lo Shulchan `Aruch e prima che ce ne rendessimo conto, quando sollevavamo gli occhi dal libr o,la luce del mattino entrava dalle finestre; in questo modo riuscimmo a imparare qualcosa".


Rav Zelig Reuven Bengis, rabbino di Yeruscialaim, riuscì a completare lo studio del Talmud 110 volte. Una di queste volte spiegò ai suoi amici che celebrava l`occasione speciale del completamento dello studio fatto cinque minuti alla volta: "Ogni qualvolta mi invitano da qualche parte, sia a un berith milà o a un matrimonio, c`è sempre da aspettare. Nell`attesa ho stabilito un periodo dedicato allo studio e in questo modo, pochi minuti alla volta, sono riuscito a completare un ciclo del Talmud".

Si racconta che un generale, nel corso della conversazione con il Rebbe di Kotzk (di cui era famosa la genialità), si vantò di essere in grado di occuparsi di ventiquattro problemi diversi in un minuto. Il Rebbe di Kotzk rispose che lui era in grado di occuparsi di un problema da un minuto per ventiquattro ore. Questi esempi ci insegnano cosa significhi impegno e capacità di dedicarsi allo studio senza interruzione e in modo intenso e concentrato.

Questi esempi forniscono anche un`altra interpretazione dell`insegnamento dei Maestri che "la Torà è presente solo tra coloro che sono disposti a morire per essa"-Quando si studia bisogna essere "morti" rispetto a ogni altra cosa che possa interferire con lo studio.

Questo pensiero è meglio illustrato da un ironico anedotto sul famoso badchan Hershel di Ostropoli. Arrivato in una città per una visita e invitato a cena, durante il pasto il padrone di casa gli chiese notizie di parenti e amici nella città dove abitava. Di tutti Reb Hershel rispose "sono morti". Dopo cena fu chiesto a Reb Hershel quale fosse stata la causa di tante morti, un`incursione nemica, una calamità naturale o una pestilenza. "No", rispose Hershel, "per carità, nulla di tutto questo, ma quando mi avete posto queste domande stavo mangiando e quando mangio tutto il resto per me è come se fosse morto". Così dovremmo essere in grado di dire quando studiamo.


Per navigare nel mare dello studio, sono necessari altri tre strumenti.


4-CHIAREZZA

Al fine di imparare e avere padronanza di qualunque argomento di Torà, la chiarezza è di importanza fondamentale. Chiarezza significa conoscere il preciso significato delle parole, capire i concetti e avere un quadro completo dell`argomento studiato. Quando la comprensione è chiara e completa siamo in grado di ricordare e sviluppare i concetti appresi.


5-CONCISIONE

Per poter ricordare l`argomento studiato è importante sintetizzare le informazioni in modo che possano essere immagazzinate, ricordate e richiamate quando necessario. Si possono suddividere i vari casi in gruppi e ricordare i dettagli con metodi mnemonici. I Maestri ci insegnano che bisogna studiare la Torà facendo uso di regole e raccomandano di farsi dei ziunim o punti di riferimento.


6-RIPASSO DEL MATERIALE STUDIATO


Questa è la fase finale che corona il successo nello studio. Non c`è bisogno di spiegare cosa significhi ripassare. Più si ripassa più il materiale studiato diventa chiaro e impresso nella nostra memoria.


Il Gaon di Vilna chiese a un discepolo se ricordava un certo trattato dalla fine all`inizio. "Perché dalla fina all`inizio?" domandò il discepolo. Il Gaon ricordando che il più saggio degli uomini [il re Shelomò (Salomone)] scrisse nei Mishlè (Proverbi, vii,3) "scrivile [le parole della Torà] sulla tavola del tuo cuore", rispose che"quando qualcosa è scritto davanti a te, lo si può leggere in tutte le direzioni". Se si sa ripetere solo dall`inizio alla fine si è appena incominciato a capire e a ricordare.


Il Rebbe di Beltz ebbe a dire che il ripassare non è un un trucco per ricordare ma è un metodo (una segullà) per avere una buona memoria.


I Maestri insegnano anche che "chi studia e non ripassa è come colui che ara e non semina", oppure "chi studia e non ripassa è come colui che semina e non raccoglie" (Sanhedrin, 99a).

Queste due metafore ci esortano non solo a studiare ma anche a ripassare.


Dunque per produrre una buona idea bisogna arare il terreno affinché possa ricevere i semi. Dei solchi profondi creano le migliori condizioni perché i semi possano germogliare. La semina richiede che i solchi vengano riempiti di semi sani che possano svilupparsi bene. I semi vanno coperti di terra fertile perché possano essere ben protetti. Quando il campo è stato curato i semi germogliano, il raccolto cresce e riempie il campo e fà felice l`agricoltore. La soddisfazione è completa solo dopo la fatica del raccolto.


Le parole dei Maestri, arare, seminare e raccogliere, rappresentano tre passaggi necessari per raggiungere la padronanza nello studio della Torà: chiarezza, concisione e ripasso. Come dice il salmista: "Coloro che seminano lacrimando, raccoglieranno giubilando" (Tehillim, cxxvi).


Con questi sei metodi tutti sono in grado di navigare e raggiungere il porto di destinazione, cioè la conoscenza dell`intera Torà.


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In memoria di Antonella bat Giuseppina z.l.
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