Comportarci come un re
- arachimitalia
- 7 mar
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Dal "Libretto di Purìm" di rav Immanuel Piazza

La Ghemarà83 racconta che il re Shlomò aveva fatto catturare dal generale del suo esercito, Benayàu ben Yehoyadà, il re dei demoni Ashmedài.
Un giorno il re Shlomò rimasto da solo con Ashmedài, gli pose una domanda. Il re dei demoni gli disse che gli avrebbe potuto rispondere soltanto dopo che lo avesse liberato dalle catene che lo intrappolavano, e che per rispondere aveva bisogno anche dell'anello con il quale era stato catturato.
Il re Shlomò lo liberò e gli diede l'anello, Ashmedai colse l'occasione e colpì il re Shlomò spodestandolo dal trono e lanciandolo lontano 400 parsà, ossia fuori dalla terra d'Israele; infatti la terra d'Israele è grande 400 parsa per 400 parsa84.
Ashmedai cambiò il suo aspetto in quello del re Shlomò e regnò facendo finta di essere lui.
Nel frattempo il re Shlomò era disperso fuori dalla terra di Israele, nessuno sapeva chi fosse e aveva perso tutto, tuttavia gli era rimasto lo scettro (secondo un'opinione della Ghemarà) o l'abito regale (secondo una seconda opinione).
La Ghemarà85 insegna che il re Shlomò regnava solamente sul suo scettro (secondo la prima opinione) o sull'abito regale (secondo la seconda opinione).
Cosa significa che "regnava sul suo scettro" o "sull'abito regale"? Spiega rav Yitzchàq Lampronti nel suo libro” Pàchad Yitzchàq”: La Ghemarà ci insegna che re Shlomò continuò a comportarsi da re, difatti nonostante avesse perso il suo regno e andasse in giro per il mondo come un vagabondo, mantenne sempre il suo comportamento regale.
Continuando con la nostra derashà, scopriremo il collegamento di questo racconto della Ghemarà con la Meghillà di Estèr.
Nella Meghillà86 si racconta che Bightàn e Tèresh volevano uccidere il re Achashveròsh avvelenandolo. Mentre stavano complottando, si accorsero che Mordechài si trovava nei loro paraggi, tuttavia non se ne curarono, poiché credevano che non conoscesse la loro lingua. In realtà Mordechài aveva capito tutto, poiché essendo uno dei dayanìm (giudici) del Sanhedrìn, conosceva settanta lingue.
Fu così che Mordechài riferì a Estèr, già divenuta regina, del complotto di Bightàn e Tèresh e lei rivelò a sua volta tutto al re Achashveròsh, il quale impiccò i due malvagi e si salvò la vita grazie all'informazione di Mordechài.
Il Maharàl di Praga, si domanda87 per quale ragione Mordechài salvò il re Achashveròsh? Difatti, se Achashveròsh fosse stato ucciso, Estèr sarebbe stata liberata e sarebbe potuta tornare a vivere insieme a lui (Estèr e Mordechài erano sposati). Il Maharàl spiega che in realtà questa domanda viene già posta dal midrash88, che dice appunto: Nella Meghillà è scritto: E Mordechai venne a conoscenza del complotto ecc... Per quale ragione Mordechài ha pietà di Achashveròsh e non ha pietà di Estèr? Salvandolo causerà a Estèr di non essere liberata! Rabbì Yehudà risponde che è scritto nei Tehillim89: Rifletto e imparo dal comportamento dei saggi anziani. Chi sono i saggi? Yaaqòv, che ha benedetto il Faraone e l’ha così anche aiutato, Yosèf che ha interpretato i sogni del Faraone e Danièl, che ha aiutato il re malvagio Nevukhadenetzàr interpretandogli i sogni. Mordechài riflettè e giunse alla conclusione che anche per lui la cosa migliore da fare fosse aiutare il re, riferendo ciò di cui era venuto a conoscenza a Estèr e salvandolo così dal complotto dei due malvagi (fin qui il Midrash).
Il Maharàl di Praga spiega il Midràsh come segue. Nel Pirqè Avòt90 è scritto:Prega per la pace del regno, poiché senza timore del regno le persone si mangerebbero l'una l'altra. Questo significa che il Signore dirige il mondo e lo protegge nominando per ogni nazione un re che con i suoi statuti crea ordine tra i cittadini. Per questo motivo Mordechài salvò il re Achashveròsh, affinché il regno potesse continuare a funzionare correttamente e ciò lo imparò proprio da Yaaqòv,Yosèf e Danièl , i quali anch’essi si preoccuparono del regno in cui vivevano.
Infatti la benedizione di Yaaqòv per il Faraone, fece sì che il Nilo gli venisse incontro ogni volta che passeggiava sulle sue sponde, e in questo modo l'Egitto veniva irrigato senza fatica favorendo oltre misura l’agricoltura. Così come Yaaqòv provocò un miracolo cosi grande per il bene e il successo del regno in cui viveva, anche Yosèf, nonostante il Faraone gli avesse chiesto soltanto di interpretargli i sogni, gli consigliò anche come gestire l'Egitto durante gli anni di carestia, e tutto ciò per il bene del regno in cui viveva. Vediamo che anche Danièl interpretò i sogni del re malvagio Nevukhadnetzàr, salvandolo dalla sofferenza e sempre per il bene del regno.
Infatti vediamo che nel momento in cui un re perde l'autorità e i suoi funzionari prendono il potere, i cittadini non hanno più timore delle autorità locali, tendono a avere il sopravvento l’uno sull’altro e a danneggiarsi fra di loro.
Per questo motivo Mordekhài ebbe pietà del re Achashveròsh salvandogli la vita, pur causando che Ester rimanesse prigioniera del suo ruolo di regina, senza potere tornare a casa da lui.
Chiaramente questo è un comportamento adatto soltanto a uno tzadìq, come Mordekhài, che era uno dei giudici dei Sanhedrin e il grande rabbino della generazione in quell'epoca, tuttavia anche noi possiamo imparare qualcosa dal suo comportamento...
Nel Midrash91 è scritto che l'uomo è un piccolo mondo, e anche nel libro di Qohèlet92 è scritto: Una piccola città con poche persone. La Ghemarà93 spiega che per piccola città si intende l'uomo, e con poche persone si intende le membra del corpo; in questa piccola città c'è un re: la testa, il buon senso e l'intelligenza, come scritto nello Zohar94. Ossia la testa, l'intelligenza e il buon senso devono regnare sulle altre membra del corpo, in particolare la testa deve dirigere il cuore in cui si trovano tutti i desideri e i piaceri, come è scritto nel Midràsh95, che per quanto riguarda gli tzadiqìm il loro cuore è nelle loro mani, cioè sotto il loro completo controllo.
Bisogna impegnarsi affinché il re, ossia la testa, non perda la sua autorità e il potere, e non venga preso dai suoi funzionari, cioè il cuore. Adesso è chiaro qual’è il collegamento tra il re Shlomò e la Meghillà di Ester: lo stesso re Shlomò quando perse il suo regno e era vagabondo nel mondo, continuò a comportarsi da re, insegnandoci nel suo libro, Qohèlet, che l'uomo è come una piccola città con poche persone, le membra del corpo, e anche nei momenti difficili, in cui il cuore vuole prendere il sopravvento, dobbiamo continuare a comportarci come un re e far sì che la testa, il buonsenso, comandino sul cuore. Infatti abbiamo imparato da Mordechài che dobbiamo impegnarci per il bene del nostro regno... quindi anche in situazioni difficili in cui il cuore vuole sviarci dalla retta via, dobbiamo essere forti e far sì che il buonsenso governi, seguendo così la via delle mitzwòt e non abbandonando mai le halakhòt dello Shulchàn Arùkh.
83 T.B. Ghittìn pag.68b e Sanhedìn pag.20b.
84 Vedi libro “Ben Yehoyadà”
85 T.B. Sanhedrìn pag. 20b.
86 Capitolo 2, v. 21,22.
87 Or Chadash pag. 123
88 Yalqùt Shimonì.
89 Cap.119 v.100.
90 Cap 3, m.2.
91 Tanchumà Pequdè.
92 Cap.3, v.14
93 T.B. Nedarìm pag. 32b.
94 V.1 pag.138°.
95 Estèr Rabbà
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