Come comportarsi nel Bet haKenèsset
di Rav Alberto Moshe Somekh
La qedushà del Bet ha-Kenèsset
La parashà di Terumà inaugura il ciclo dedicato alla costruzione del Mishkàn (“Tabernacolo”) nel deserto. Con il versetto “E faranno per Me un Miqdàsh (“Santuario”) e dimorerò in mezzo a loro” (Shemòt, 25:8) la Torah ci vuole insegnare che esiste una qedushà legata a determinati spazi e che questa qedushà vincola le nostre scelte e i nostri comportamenti.
Il versetto: “E avrete riverenza del mio Santuario” (Wayqrà, 19:30) è così spiegato dal Maimonide: “È mitzwà avere riverenza del Miqdàsh, in quanto non è del Miqdàsh che si ha timore, bensì di Chi ha
Quando il Bet ha-Miqdàsh fu distrutto, almeno per certi aspetti il Bet ha-Kenèsset ha preso il suo posto. È quanto afferma il navì Yechezqèl in un versetto che è riportato sullo splendido dukhàn della Sinagoga di Carmagnola: “Così dice il S.D.: “Allorché li allontanai fra le genti e li sparsi nelle varie terre sono diventato per loro un “Santuario in miniatura” (Miqdàsh me’at) nelle terre in cui sono giunti” (Ezechiele, 11:16 e Targum Yonatan ad loc.).
Nel Talmud babilonese (Meghillà, 29a) R. Itzchàq spiega che il succitato versetto “Si riferisce ai Battè Kenèsset e ai Battè Midràsh di Babilonia”. Anche Ravà insegnava: A cosa si riferisce il versetto: “H. sei stato per noi una residenza in ogni generazione” (Tehillìm, 90:1)? Ai Battè Kenèsset e Battè Midràsh” (Meghillà, 29a). Ravà aggiunge all’insegnamento di R. Itzchàq che i Battè Kenèsset e Battè Midràsh non sono solo istituzioni dell’esilio, ma conservano sempre la loro Qedushà, ovunque si trovi il popolo d’Israele.
R. Elìe’zer di Metz (XII secolo E.V.) nel Sèfer Yereim (n. 409) scrive a sua volta: “Impariamo che quando la Torà dice “Avrete riverenza del Mio Santuario” include anche Battè Kenèsset e Battè Midràsh”.
Nel Talmud vi sono molti passi che ribadiscono lo status di qedushà del Bet ha-Kenèsset anche ai nostri giorni e perfino se in rovina. R. Yehudà, nella Mishnà Meghillà (3:3) afferma: “In un Bet ha-Kenèsset distrutto non si tengono elegie funebri, non si appendono corde, non si stendono reti, non si fanno essiccare i frutti sul suo tetto e non lo si usa come scorciatoia, come è detto: “E renderò desolati i vostri santuari” (Wayqrà, 26:31); (ciò significa che) la loro qedushà rimane anche quando sono distrutti. Se vi sono cresciute erbacce, non le si devono strappare perché (esse provocano) dolore”.
A loro volta i maestri nella Tosseftà (Meghillà, 3:7) stabiliscono che “nei Battè Kenèsset non si devono adottare comportamenti frivoli, non si deve entrare durante l’estate per rinfrescarsi dal sole né d’inverno per ripararsi dal freddo, o dalle piogge nella stagione piovosa. Non vi si mangia, né vi si beve, né vi si dorme, né vi si passeggia, né vi si gioca. Bensì vi si legge la Torà, si studia la Torà orale, vi si tengono spiegazioni midrashiche e commemorazioni funebri pubbliche”2.
La mitzwà di recitare la tefillà nel Bet ha-Kenèsset
Il Maimonide scrive: “In ogni luogo in cui siano presenti dieci israeliti occorre predisporre una casa nella quale si radunino per la Tefillah ogni volta che venga il momento di pregare. Questo luogo è chiamato Bet ha-Kenèsset. Gli abitanti della città si obbligano l’un l’altro a costruire il Bet ha-Kenèsset…”3.
A questo proposito R. Yechiel Mikhal Halevi Epstein, scrisse: “La tefillà più gradita e la mitzwà compiuta nel modo migliore consiste nel pregare nel Bet ha-Kenèsset insieme alla collettività (Tzibùr), perché il merito dei molti è molto grande e l’interesse che suscita in Cielo la tefillà collettiva non è paragonabile a quello suscitato dalla tefillà del singolo
Ed è comunque mitzwà pregare nel Bet ha-Kenèsset anche se si è arrivati tardi per la tefillà pubblica e si prega individualmente, perché la tefillà recitata nel Bet ha-Kenèsset è meglio ascoltata di quella detta a casa4. Nel Bet ha-Kenèsset c’è infatti una grande qedushà”5. Come si esprime questa qedushà particolare?
NOTE:
2. Le halakhòt relative al Bet ha-Kenèsset sono riportate da Maimonide, Hilkhòt. Tefillà, cap. 11 e dallo Shulchàn ‘Arùkh, Orach Chayìm, cap. 90 e 151.
3. Mishnè Torà, Hilkhòt Tefillà (11:1).
Come si entra nel Bet ha-Kenèsset
Nel Bet ha-Kenèsset è richiesto un atteggiamento di rispetto e timore reverenziale: l’abito deve essere acconcio alla dignità del luogo. Inoltre quando ci si reca al Bet ha-Kenèsset è opportuno farlo con sollecitudine come è detto: “Affrettiamoci a conoscere l’Eterno” (Hoshea’, 6:3).
Nei Tehillìm è scritto: “Percorrerò di corsa la strada dei Tuoi comandamenti” (Salmi, 119:32) e anche di Shabbàt è permesso muoversi velocemente per eseguire un comandamento; all’interno del Bet ha-Kenèsset è tuttavia vietato affrettarsi.
R. Elìe’zer Papo (XVIII secolo E.V.) aggiunge che è opportuno collocare una cassetta per i poveri all’ingresso del Bet ha-Kenèsset in modo che ognuno che vi faccia ingresso per prima cosa vi depositi una moneta in tzedaqà, in omaggio al versetto dei Tehillìm: “Io scorgerò il Tuo volto mediante la tzedaqà” (Salmi, 17:15)6.
Gli uomini devono entrare nel Bet ha-Kenèsset a capo coperto7 e le signore e le giovani devono essere vestite in modo appropriato. Ai ciechi che devono essere accompagnati da una cane viene raccomandato che prendano posto in modo che il cane non disturbi8.
NOTE:
4. È però preferibile fare tefillà in una casa privata dove c’è un minyan che in un Bet ha-Kenèsset senza minyan (Peninè Halakhà, Tefillà, p. 34; cfr. anche Tefillà Ke-hilkhatà, spec. p. 21-30).
5.‘Arùkh ha-Shulchàn (O.C., 90 sulla base di Berakhòt, 6a) .
6. Pele Yo’etz, (s.v. Bet ha-Kenèsset).
7. Shulchàn ‘Arùkh (151:6).
8. Resp. Iggheròt Moshè (O.Ch., 1:45) e Resp. Berit Shalom, (1,O.Ch., 16).
Nel Bet ha-Kenèsset non si devono introdurre biciclette9 né armi, a meno che non vi sia pericolo di vita10. Se tuttavia una volta lasciata l'arma all'esterno del Bet ha-Kenèsset per la durata della tefillà essa non restasse adeguatamente protetta da furto o manomissione, in tal caso il soldato, la guardia giurata o il poliziotto possono portarla con sé, purché coperta11. Nei giorni di pioggia o neve bisogna stare attenti a non entrare con le scarpe infangate12.
Entrando nel Bet ha-Kenèsset non bisogna rimanere sulla soglia13 per non mostrare di avere fretta di uscire alla prima occasione. Inoltre bisogna avere un posto fisso dove fare tefillà. Questo lo si impara dal patriarca Avraham, come è scritto: “Avraham si levò presto al mattino (e si diresse) al luogo dove aveva sostato (per recitare la tefillà) davanti all’Eterno” (Bereshìt, 19:27)14. Stabilire un luogo fisso per la tefillà dimostra che, sebbene tutto il resto si presti a mutamenti, il nostro rapporto con l’Eterno è saldo15.
Nel Bet ha-Kenèsset non si deve leggere il giornale né stare sdraiati o seduti in modo poco rispettoso16.
NOTE:
9.Yalqùt Yossèf (n. 31).
10.Shulchàn ‘Arùkh (151:6).
11.Resp. Terumàt ha-Goren (1: 35); Resp. Yechawweh Da’at (5:18); Resp. Tzitz Elìèzer (10:18); Resp. ‘Am ke-lavì (1: 66); Resp. Beer Sarim (2:10).
12. Maimonide, Hilkhòt Tefillà (11:10); Shulchàn ‘Arùkh ( O.Ch., 151:8).
13.Shulchàn ‘Arùkh (O.Ch. , 90:20) sulla base di Berakhòt (8a).
14.Shulchàn ‘Arùkh (O.Ch. , 90:17 sulla base di Berakhòt (6b).
15.Peninè Halakhà, Tefillà, p. 35.
16.Yalqùt Yossèf (12 e 15).
Conversare nel Bet ha-Kenèsset
Nel Bet ha-Kenèsset non ci si deve intrattenere in conversazioni profane e tanto meno comportarsi in modo poco serio anche al di fuori dell’orario della tefillà. A maggior ragione bisogna stare molto attenti a non litigare o fare maldicenza. Anche se questi comportamenti sono proibiti in qualunque posto, la trasgressione è più grave per via della qedushà del luogo.
Durante la tefillà non si deve parlare neppure di Torà. È riprovevole parlare durante la ripetizione della ‘Amidà 17. Bisogna invece dare attenzione alle parole del chazàn che ripete la tefillà proprio per il pubblico.
Quando è permesso parlare lo deve fare con voce sommessa, accostandosi alle persone cui ci si rivolge piuttosto che chiamandole a distanza18.
Mangiare e bere
Nel Bet ha-Kenèsset non si deve pasteggiare. È solo permesso mangiare se il locale è anche adibito a Bet Midràsh dove si studia Torà e coloro che
vi.si riuniscono per studiare non devono tornare a casa e perdere tempo prezioso per lo studio. È anche permesso distribuire tè o caffè durante le lezioni di Torà se la cosa serve a fare si che i presenti possano prestare più attenzione19.
Di Shabbàt vi è l’uso di tenere la Se’udà Shelishìt, il terzo pasto che si fa tra minchà e ‘arvìt, nel Bet ha-Kenèsset, specie se accompagnata da Divrè Torà 20. Vi è ancora chi usa essere facilitante in altre occasioni particolari, come la notte di Shavu’òt, in occasione della conclusione di un trattato talmudico (siyùm massèkhet) o per un anniversario funebre. Occorre comunque in tutti questi casi fare attenzione a non assumere bevande alcoliche, che potrebbero favorire comportamenti frivoli21. Nella stagione calda si permette comunque di bere acqua22.
Oggi è generalmente proibito fumare nei locali pubblici e pertanto lo stesso vale per il Bet ha-Kenèsset.
Telefono cellulare
necessario spegnere il telefono cellulare completamente: lasciarlo sul vibrato, per quanto venga incontro all’esigenza di non disturbare gli altri, continua a costituire un elemento di distrazione per il possessore23.
NOTE:
17.Shulchàn ‘Arùkh (O.Ch., 124:7).
18.R. Elìèzer Papo, Pele Yo’etz (s.v. Bet ha-Kenèsset).
19.Yalqùt Yossèf (O.Ch., 151, n. 3).
20.Resp. Yechawwè Da’at (3:10); Resp. Tzitz Elìèzer (14:26).
21.Sedè Chèmed, Assifàt Dinìm be-Hilkhòt Bet ha-Kenèsset, n. 2
22.Birkè Yossèf (O.Ch., 151), Ben Ish Chay (loc. cit., n. 3).
23.Yalqùt Yossèf (n. 29).
Fotografare
Nei giorni feriali è permesso eseguire fotografie o filmati nel Bet ha-Kenèsset, una volta che tutto si svolga nel rispetto del luogo e senza detrimento per le tefillòt che vi si stanno svolgendo.
Non farne una scorciatoia
Se il Bet ha-Kenèsset è dotato di due ingressi è proibito attraversarlo come scorciatoia. Se invece è entrato nel Bet ha-Kenèsset con l’intento di partecipare alla tefillà, è mitzwà uscire per l’altra porta, come è scritto nella visione del Bet ha-Miqdàsh ricostruito: “Colui che giunge a prostrarsi per la porta settentrionale esca dalla porta meridionale” (Yechezqèl, 46:9)24.
NOTE:
24.Shulchàn ‘Arùkh (151:5); Ben Ish Chay (loc. cit., n.9).
Entrarvi per uno scopo personale
Nel Bet ha-Kenèsset si accede solo allo scopo di compiere una mitzwà. Chi vi entra semplicemente per chiamare un amico o per recuperare un oggetto “si soffermi a recitare un versetto o un passo di studio, per non dare l’impressione di esservi entrato a scopo personale (e di considerare lo studio un fatto secondario).
Pulizia e ordine
obbligatorio provvedere che il Bet ha-Kenèsset sia sempre tenuto pulito e ordinato25. Inoltre si deve stare attenti ad evitare ogni atteggiamento che il senso comune ritiene inappropriato per un luogo di culto, anche per evitare il discredito da parte dei non ebrei: ciò porterebbe come conseguenza un Chillùl Hashèm (profanazione del Nome) proprio nel luogo destinato alla qedushà26. Per fare un esempio attuale, non si devono affiggere manifesti ai muri esterni del Bet ha-Kenèsset dal momento che i non ebrei usano proibirlo in relazione ai loro luoghi di culto.
Atti amministrativi e commemorazioni funebri
Così compendia la halakhà R. Yosef Caro: “Nel Bet ha-Kenèsset è proibito amministrare i conti, a meno che non si tratti di conti relativi ad una mitzwà, come la cassa della tzedaqà o del riscatto dei prigionieri. Non vi si tengono orazioni funebri se non per uno dei grandi della città per il quale vi sia concorso di tutti i residenti a commemorarlo”27.
NOTE:
25.Shulchàn ‘Arùkh (151:9).
26.Resp. Chatàm Sofèr (O.Ch., 31).
27.Shulchàn ‘Arùkh, Orach Chayìm (151: 1). È uso però non introdurre alcuna salma nel Bet ha-Kenèsset (Y.Y., n. 23; cfr. D. Kraemer, “The Meanings of Death in Rabbinic Judaism, Londra, 2000, p.77).
Conferenze e concerti
È permesso tenere conferenze e concerti nel Bet ha-Kenèsset?
R. Yechiel Weinberg, che fu rettore del Bet ha-Midràsh Le-Rabbanìm a Berlino, tratta l’argomento in un responso scritto in Germania durante le persecuzioni naziste durante quando era proibito agli ebrei usare edifici pubblici e potevano pertanto riunirsi solo nelle sinagoghe. Egli aggiunge che il suo responso è valido solo per situazioni emergenza28.
Egli perviene alle conclusioni halakhiche seguenti:
Tenere conferenze nel Bet ha-Kenèsset è permesso de jure. È meglio far precedere ogni conferenza dalla recitazione di un capitolo dei
È ovvio che si permette di tenere la conferenza solo ad un relatore temente del Cielo e non ad un libero pensatore, che potrebbe fare affermazioni contrarie alla Torà. Perciò solo con il permesso del Rabbino si può permettere ad altra persona di tenere una derashà al Bet ha-Kenèsset.
È assolutamente proibito tenere concerti. In certe situazioni per evitare controversie si possono solo permettere concerti di
chazanùt29.
Occorre assolutamente evitare la mescolanza di uomini e donne anche per eventi del genere, in base alle parole del Talmud (Sukkà, 51b): “Chi non ha visto la Simchàt Bet ha-Shoevà (“Gioia dell’Attingimento dell’Acqua”) non ha mai visto gioia in vita sua. All’uscita del primo giorno di festa solenne della festa (di Sukkòt) si scendeva nel “cortile delle donne” e vi si predisponeva un grande impianto (tiqqùn gadòl). Cos’era il grande impianto? Inizialmente era tutto su un piano, ma poi fu aggiunta una balconata e venne stabilito che le donne stessero in alto e gli uomini in basso, onde evitare frivolezze”. Perciò è necessario che le donne siedano nel matroneo, o comunque che uomini e donne siedano separatamente.
NOTE:
28.Resp. Seridè Esh (O. Ch., 16).
29.Cfr. Resp. Be-marè ha-Bazàq, (5:14) nel quale l’autore aggiunge l’esigenza di avvicinare ebrei lontani fra i motivi per essere permissivi sui concerti di musica ebraica. Suonare strumenti musicali nel Bet ha-Kenèsset è da evitarsi in base a Tehillìm
137:4 (“Sui fiumi di Babilonia…”), dove dice: “Come potremo cantare il canto di D.” al cospetto degli stranieri?” Anche se lo si può permettere per rallegrare gli sposi nella Diaspora, nel Miqdàsh me’at non è giusto mostrare gioia davanti ai non ebrei” (Resp. Chatàm Sofèr, Liqqutìm, n. 84).
Nel concludere, Rav Weinberg ribadisce “che quello che permetto vale solo per la nostra epoca che è notoriamente un tempo di emergenza, in attesa che l’Eterno allarghi nuovamente il nostro confine e possiamo tornare a rispettare la Qedushà del Bet ha-Kenèsset in tutto il suo rigore”.
Per noi, che grazie al Cielo viviamo in un periodo di relativa pace, è particolarmente rilevante un responso nel quale è scritto: “La qedushà del Bet ha-Kenèsset non si annulla per il solo fatto che esso non è regolarmente officiato. Pertanto persino in un Bet ha-Kenèsset in cui ormai non si prega più resta in vigore il divieto di tenervi concerti: tanto più se esso è ancora usato come tale, sia pure sporadicamente, finché non viene alienato nelle forme previste dalla Halakhà.
Congressi e riunioni
Anni fa, in una piccola Comunità, un'organizzazione giovanile, per ragioni di spazio, chiese il permesso di tenere il proprio Congresso annuale nel Bet ha-Kenèsset, proponendo di rimuovere i Sifrè Torà onde "sospendere" la qedushà del luogo. In quell’occasione fu fatto notare che nel Bet ha-Kenèsset non è permesso parlare di argomenti non consoni alla sua qedushà31 e che l’eventuale preventiva rimozione dei Sifrè Torà dall’Aron ha-Qòdesh non elimina la proibizione32.
NOTE:
30.Resp. Be-marè ha-Bazàq (7:14).
31.Ben Ish Chay, loc. cit., n.4.
32.Resp. Iggheròt Moshè, (O.Ch., 2: 30).
Come si esce dal Bet ha-Kenèsset
Se è opportuno affrettarsi per venire nel Bet ha-Kenèsset , “quando si esce dal Bet ha-Kenèsset è proibito correre”33 a meno che lo si faccia per rientrare subito o per recarsi a studiare Torà. È anzi “bene che mettersi a studiare subito dopo prima che di andare ad occuparsi dei propri affari in sintonia al versetto di Tehillim dove è scritto: “Si andrà da una forza (spirituale) all’altra” (Salmi, 84:8)”34.
NOTE:
33. Shulchàn ‘Arùkh (O.Ch., 90:12) e Mishnà Berurà ad loc..
34. Sèfer ha-Yirà; cfr. Shulchàn ‘Arùkh,(O.Ch., 155:1).
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