Halakhà - Birkat haMazon
SULLA STRUTTURA DELLA BIRKÀT HA-MAZÒN
Ariel di Porto
Introduzione
Benedire Ha-Shem dopo aver mangiato del pane1 ed essersi saziati2 è una
mitzwà della Torà, che si impara dal verso3: “Mangerai, ti sazierai e
benedirai il Signore tuo D. per la buona terra che ti ha dato”.
Secondo molti poseqìm la birkàt ha-mazòn è l'unica berakhà
comandata dalla Torà; tutte le altre (tranne, per alcuni, le birkòt ha-Torà)
sono di istituzione rabbinica. Si narra4 che quando morì l'amorà Rav, i
suoi allievi parteciparono al suo funerale, e di ritorno sorse loro un
dubbio sulle regole della birkàt ha-mazòn. Rav Ada bar Ahavà, assistendo
a questa scena, rivoltò il vestito, lacerato per via della morte del
Maestro, e lo lacerò nuovamente, dicendo “è morto Rav, e noi non
sappiamo ancora le regole della birkàt ha-mazòn come si deve!”.
Attraverso questo aneddoto possiamo comprendere quale sia
l'importanza della birkàt ha-mazòn.
Motivo della mitzwà
Il Sefer ha-Chinùkh5, secondo il suo stile, spiega il motivo della mitzwà
della birkàt ha-mazòn. Introducendo il discorso fa varie premesse, che è
importante ricordare: in generale le azioni umane, buone o cattive esse
siano, non aggiungono o tolgono nulla al Signore; se è così non possiamo
pensare che attraverso le nostre benedizioni aggiungiamo qualcosa al
Signore. Per questo è necessario interrogarsi sulla necessità delle
benedizioni, rispetto alle quali i chakhamìm hanno individuato solidi
fondamenti. Il Signore ha creato tutte le creature, e desidera, per via
della sua bontà, che queste possano godere del bene derivante da Lui.
Con le benedizioni ringraziamo il Signore perché ha destinato a noi parte
di questo bene. Questo ci conferisce l'opportunità di manifestare le
nostre necessità, e di ringraziare nuovamente, perché altrimenti
potremmo apparire come un servo che ha ricevuto un premio ed ha
abbandonato il padrone senza alcun permesso di farlo.
Nella ghemarà6 è scritto: “Disse R. Chanina bar Papa: chi gode di
questo mondo senza berakhà è come se rapinasse il Santo Benedetto Egli
sia, e la congrega d'Israele”, come è detto7 “rapina suo padre (il Signore)
e sua madre (Israele) e dice che non è peccato è come (Yerov’am ben
Nevat, il re d’Israele) l’uomo che rovinò Israele al loro Padre che è in
cielo”.
I Chakhamim nel trattato di Berakhòt8 derivano l'obbligo di
recitare le benedizioni prima di mangiare dalla birkàt ha-mazòn. Il non
recitare le benedizioni prima di mangiare è considerato una forma di
me'ilà (che possiamo rendere come abuso di cose consacrate) nei
confronti del Cielo; la birkàt ha-mazòn è composta da quattro
benedizioni, ma la struttura attuale è frutto di un'evoluzione nel tempo.
Le prime tre benedizioni
Nel trattato di Berakhòt9 i Chakhamìm hanno individuato, a partire dal
versetto citato, tre nuclei principali all'interno della berakhà:
1) “...e benedirai il Signore tuo D.”, da qui si impara che bisogna
ringraziare per il cibo (prima berakhà della birkàt ha-mazòn, ha-zan);
2) “...per la terra”, da qui si impara che bisogna ringraziare per la terra
(seconda berakhà, 'al ha-aretz);
3) “...per la buona terra”, da qui si impara che si deve benedire per la
parte più buona nella terra, vale a dire Yerushalaim (terza berakhà, Bonè
Yerushalaim).
In base alla prescrizione della Torà sarebbe sufficiente
menzionare questi argomenti, esprimendosi secondo le proprie
possibilità ed il proprio gusto, ma Moshè, Yehoshua', David e Shelomò
fissarono delle formule prestabilite per via degli eventi che si verificarono
ai loro tempi. In particolare Moshè fissò la formula della prima berakhà10
quando scese la manna11, Yehoshua' compose la seconda benedizione quando il popolo ebraico entrò in Israele, e David e Shelomò la terza
quando Yerushalaim divenne la sede del regno e venne costruito il Bet
ha-miqdàsh.
La quarta benedizione
Dopo la distruzione del Bet ha-Miqdàsh, i Maestri sentirono la necessità
di esprimere l'idea che non tutto era perduto, e che l'esperienza storica
del popolo ebraico, nonostante le numerose difficoltà, avrebbe dato
luogo alla ricostituzione della condizione originaria. Per questo i
Chakhamìm di Yavne12, in un'occasione assolutamente eccezionale,
quando venne data l'opportunità di seppellire i morti di Betar13,
istituirono una quarta benedizione della birkàt ha-mazòn.
Rapporto fra le prime tre benedizioni e la quarta
Poiché le prime tre benedizioni della birkàt ha-mazòn derivano dalla
Torà, mentre la quarta è di origine rabbinica, al termine della terza
benedizione si dice amen a conclusione della propria berakhà. La quarta
benedizione, aggiunta successivamente, costituisce un nucleo a se
stante. Per questo inizia con Barùkh14.
Menzioni obbligatorie
I chakhamìm15 hanno individuato altri concetti che devono essere
ricordati nella birkàt ha-mazòni:
1) nella seconda benedizione si deve lodare la terra d'Israele per la sua
desiderabilità16, bontà ed ampiezza (eretz chemdà, tovà, urchavà);
2) si devono ricordare il patto della Milà e la Torà, perché attraverso
queste mitzwòt si ottiene la terra d'Israele come ricompensa17. Fra le due
mitzwòt la precedenza viene lasciata alla milà, rispetto alla quale la
parola Berìt (Patto) è menzionata nella Torà tredici volte; per la Torà
invece troviamo solamente tre patti;
3) devono essere presenti due ringraziamenti (hodaot)18, e comunque
non meno di uno. L'astenersi dal ringraziare è ritenuto dai chakhamim
spregevole19.
Aggiunte nei mo'adim
Vi sono delle aggiunte alla birkàt ha-mazòn di Shabbàt, di Yom Tov, di
Chol Hamoe’d e di Rosh Chodesh nella terza benedizione. Di Chanukkà e
Purim si recita nella seconda benedizione 'al ha-nissim20.
La berakhà dell'ospite
La ghemarà in Berakhòt21 stabilisce che l'ospite reciti una benedizione
per il padrone di casa. Nello Zohar22 è scritto che questa benedizione è
molto importante. Questa struttura è stata mantenuta dai sefarditi.
Molti ashkenaziti si limitano a dire “che il Misericordioso benedica
questo padrone di casa”. In ogni caso a priori è opportuno attenersi a
quanto prescritto nella ghemarà.
Salmi prima della birkàt ha-mazòn
C’è chi usa dire dei Salmi prima della birkàt ha-mazòn. Nei giorni feriali
si usa recitare il Salmo 137 ('al naharot Bave) e, di Shabbàt e di Yom Tov
il Salmo 126 (beshuv H. et shivat Tzion).
Lo Zimun
Quando tre o più persone mangiano assieme, al termine del pasto
recitano lo zimun. Scopo dello zimun, introdotto dall'espressione
nevarekh (benediciamo), è quello di unire vari commensali nella
recitazione della birkàt ha-mazòn23. Scopo ulteriore è quello di invitare
a recitare la berakhà con la giusta concentrazione24.
La funzione della birkàt ha-mazòn
La birkàt ha-mazòn unisce il consumo del cibo all'esperienza storica del
popolo ebraico, ed attraverso di essa ogni individuo si collega al nostro
passato ed al futuro, dall'esilio sino all'era messianica.
Rav Kook25 ritiene che le mitzwòt abbiano l'enorme potere di
collegare il particolare ed il generale. Le benedizioni della birkàt hamazòn
rappresentano dei passaggi successivi, la preoccupazione per il
sostentamento materiale, propria del periodo nel deserto, seguita
dall'acquisizione della capacità di produrre il sostentamento in terra
d'Israele, sino al conferimento di determinate caratteristiche spirituali
con il Bet ha-Miqdàsh, che funge da centro per tutto il popolo ebraico.
Se l'individuo acquisisce la dovuta consapevolezza, il suo cibo
diviene un mattone in un grandioso edificio spirituale, che manifesta a
sua volta la capacità di elevarlo ulteriormente. La quarta benedizione,
nell'esilio e nell'apparente impotenza di Israele, assume un senso
fondamentale, ricordandoci che questo stato è solamente temporaneo,
e prima o poi arriverà la gheulà shelemà.
1 I Tannaim nella mishnà in TB Berakhòt 44a discutono sui casi in cui recitare
la birkàt ha-mazòn (tre berakhòt secondo l'espressione della mishnà). Rabban Gamliel ritiene che vada recitata per i sette frutti per i quali è lodata la terra d'Israele (la sua visione è supportata dal fatto che il verso in cui questi frutti vengono citati precede di poco quello che istituisce la birkàt ha-mazòn); secondo i Chakhamim invece si recita solo dopo aver mangiato pane derivante dai cinque cereali (nel verso che precede quello della birkàt ha-mazòn troviamo infatti un riferimento al pane - “una terra nella quale non mangerai pane scarso”). Per Rabbì 'Aqivà invece il criterio determinante è quello della sazietà, in quanto nel versetto della Torà si parla di questa; pertanto anche se si fossero mangiate delle verdure, e queste sono l'elemento principale del pasto, è sufficiente per recitare la birkàt ha-mazòn. L'halakhà segue l'opinione dei chakhamim.
In generale si accoglie il principio secondo il quale tutti i cibi per i quali si recita l'ha-motzì richiedano poi la birkàt ha-mazòn (considerando chiaramente la misura minima di cibo che permette di recitarla).
2 Nella mishnà (in TB, Berakhòt 45a) e nella ghemarà (49b) vi sono opinioni
diverse sulla misura minima di pane necessaria per recitare la birkàt ha-mazòn, se
corrisponda al volume di un'oliva o di un uovo. Vi sono opinioni diverse tra i Rishonim se per chi mangia pane in quantità che richiede di recitare la birkàt ha-mazòn, in assenza di sazietà, l'obbligo sia di origine rabbinica, o se derivi comunque dalla Torà. La decisione halakhica nello Shulchan 'Arùkh (Orach Chayìm 184, 6) è che si recita a partire dal volume di un'oliva.
3 Devarìm (8:10).
4 TB, Berakhòt (42b).
5 Mitzwà 430. Gli stessi concetti vengono espressi da Rabbenu Bechayè nel suo
commento alla Torà (Devarìm, 8:10).
6 TB, Berakhòt (35b).
7 Mishlè (28:24).
8 TB, Berakhòt (35a).
9 TB, Berakhòt (48b). Questo insegnamento compare, con leggere differenze,
in varie altre fonti (Toseftà Berakhòt, 6:1; Mekhiltà deRabbì Yishma'el 16, TY Berakhòt 7:1).
10 Nella ghemarà in Sotà (12b) e nel Midràsh (Bereshìt Rabbà 43:7) è scritto che già Avraham invitava i propri ospiti a ringraziare Ha-Shem per il pasto. Negli Avòt deRabbì Natan è detto che le prime tre benedizioni della birkàt ha-mazòn corrispondono ai tre patriarchi, Avraham che, come abbiamo visto, dava da mangiare ai suoi ospiti, Yitzchàq che seminò la terra d'Israele traendone sostentamento, e Ya'aqòv che ebbe il merito di vedere Yerushalaim, esclamando “Quanto è venerando questo luogo!” (Bereshìt ,29:17).
11 I Maestri hanno sottolineato quanto fosse particolare la condizione nel
deserto, ed hanno individuato nella manna una significativa prova di fede. Infatti nel
deserto non era possibile accumulare cibo per il giorno successivo, né consumarne in un certo giorno più del necessario perché scendeva la misura di un ‘omer per ogni persona.
Per questo era necessario confidare nel fatto che la manna sarebbe caduta anche nel
giorno successivo. L'esperienza del popolo ebraico prima dell'ingresso in terra d'Israele sarà fondamentale per il periodo successivo: quando il Signore li priverà
momentaneamente del sostentamento, questo fatto dovrà essere inteso come un
monito volto a migliorare il proprio comportamento.
12 È molto significativo che la quarta benedizione sia stata istituita proprio a
Yavne, un centro nato dall'intuizione di R. Yochanan ben Zakai.
13 La città di Betar (circa 10 km a sud-ovest da Yerushalaim), nella quale erano
riposte le speranze di indipendenza di Israele, era il centro della rivolta di Bar Kochbà.
Per comprendere quanto questo centro fosse importante agli occhi dei chakhamìm è sufficiente ricordare che la caduta di Betar viene ricordata nella mishnà (Ta'anìt 4:6) fra gli eventi luttuosi avvenuti il 9 di Av, assieme alla distruzione dei due Santuari di Yerushalaim.
14 In generale quando una berakhà è semukhà lechavertà (letteralmente “che
si appoggia alla sua compagna”) non inizia con il termine Barùkh (si pensi ad esempio alla seconda benedizione prima dello Shemà’, che non inizia con Barùkh, o alla 'amidà nella quale unicamente la prima benedizione inizia con Barùkh).
15 TB, Berakhòt, 48b. Ci si può chiedere quale sia il legame dei temi ricordati
con il cibo. Sebbene non vi sia un legame immediato, ciò che unisce tutti questi
argomenti è il tema della riconoscenza nei confronti di Ha-Shem per il bene che opera nei nostri confronti (Rav Schwartz, Uverachta, p.16).
16 Lo Shibolè ha-leqet (cap. 157) scrive che Yehoshua' fissò la seconda
benedizione della birkàt ha-mazòn quando vide quanto Moshè desiderasse entrare in terra d'Israele.
17 Bereshìt (17: 7-8): “Confermerò il Mio patto fra Me e te, patto perpetuo con
i discendenti dopo di te per le loro generazioni: di essere D. a te e alla tua discendenza dopo di te. A te e alla tua discendenza dopo di te darò in possesso perpetuo la terra delle tue peregrinazioni, la terra di Canaan, e sarò il loro D.”; Devarìm (8:1) (all'inizio del brano nel quale verrà prescritta la birkàt ha-mazòn): “Tutti i precetti che io ti comando oggi, voi li osserverete eseguendoli affinché viviate, vi moltiplichiate e possiate pervenire a possedere la terra che il Signore ha giurato ai vostri padri”.
18 TB Berakhòt (49a). Nella formula attuale: Nodè Lekhà all'inizio della
benedizione e anu modim lakh alla fine (Tur, Orach Chayim, cap. 187).
19 TB Berakhòt (49a).
20 Si recita in quella benedizione poiché l'aspetto principale di queste
ricorrenze è quello del ringraziamento, che come abbiamo visto è parte integrante della seconda benedizione.
21 TB, Berakhòt (46a).
22 Parashàt Pinechas, p. 244.
22 BIRKÀT HA-MAZÒN
23 Gli acharonim (Mishnà Berurà, Kaf ha-Chayim) scrivono tuttavia che l'uso
sia quello di recitare la birkàt ha-mazòn sottovoce già dall'inizio della prima benedizione, preoccupandosi in ogni modo di terminarla assieme a chi la recita a voce alta. Se si
finisce di dire la prima berakhà prima della persona che fa il zimun, si aspetta fino a
quando costui termini la berakhà con le parole “hazan et hakol” e si risponde “Amen”.
24 Meiri a TB Berakhòt (46a).
25 Siddur 'Olat Reià, vol. 1 p. 361 e ss.
Bibliografia essenziale
AA.VV., Enziqlopedia Talmudit, vol. 4, lemma birkàt ha-mazòn; vol. 12,
lemma zimun.
Rav Avraham Dov Borenstein, Uverachta, Yerushalaim 5770.
Rav Moshèh Levi, Birkat Ha-Shem, Benè Beraq 5760, vol. 2, pp. 265-413.
Rav Eli'ezer Melamed, Peninè Halakhàh, Berakhòt, cap. 4.
Rav David Avraham Mendelbaum, Birkat David, Yerushalaim 5758.
Rav Yosef Shalom Weinfeld, Birkat ha-oreach leba'al ha-bait bebirkàt hamazòn,
Otzarot Yerushalaim 299, 1576-1580.